Somministrazione di lavoro ed appalto di lavoro: quali differenze? – Parte I
A partire dalla legge n.196 del 1997(cosiddetto Pacchetto Treu, formalmente “Norme in materia di promozione dell’occupazione“), e dal d.lgs n.276 del 2003(cosiddetta Riforma Biagi, rubricato “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30“), locuzioni quali “somministrazione di lavoro” ed “appalto di lavoro” sono entrate nel linguaggio comune sociale e giuridico: il fenomeno che le accomuna consiste nell’assegnazione del prestatore di lavoro subordinato ad un sito produttivo che non fa parte dell’organizzazione d’impresa del datore di lavoro e/o nell’assoggettamento del lavoratore all’eterodirezione di un soggetto diverso dal titolare del rapporto di lavoro(in quest’ultimo caso si parla di “triangolazione“).
Il legislatore ha inteso disciplinare le fattispecie in esame sia nella prospettiva di un incremento della flessibilità in entrata ed in itinere del mercato del lavoro, sia nella consapevolezza dell’esigenza di rinsaldare le garanzie per i lavoratori e di configurare univocamente le ipotesi(alquanto frequenti)d’illiceità: tuttavia spesso accade che le ipotesi in oggetto siano confuse tra loro, rendendo necessaria una specificazione degli elementi di discrimine, nell’ottica principalmente della tutela dei dipendenti.
In quest’articolo si tratterà della somministrazione di lavoro come disciplinata dall’ordinamento legislativo italiano.
Somministrazione di lavoro
Il contratto di somministrazione di lavoro(lavoro interinale secondo il Pacchetto Treu)è il contratto mediante il quale un soggetto(definito somministrante)assume un prestatore di lavoro subordinato(definito somministrato) facendosi carico degli obblighi retributivi e contributivi ma mettendolo a disposizione di un altro soggetto(definito utilizzatore), il quale eserciterà i poteri di direzione e controllo[1]per il soddisfacimento di un proprio interesse organizzativo: il rapporto di somministrazione, dunque, si caratterizza sia per l’istituzione di una triangolazione nel rapporto di lavoro tradizionalmente connotato da bilateralità[2], sia, conseguentemente, per la scissione tra assunzione della qualità di datore di lavoro ed utilizzazione in concreto della prestazione lavorativa.
Dopo una decennale evoluzione normativa e giurisprudenziale, il legislatore(a partire dal combinato disposto degli articoli 1 e 3 della legge n.196 del 1997)ha specificato che il rapporto di lavoro, con tutti i corollari che ne discendono in ordine all’assolvimento degli obblighi di garanzia del lavoratore, intercorre tra il somministrante ed il somministrato: nonostante l’utilizzatore(che può essere o meno imprenditore) impieghi il somministrato nella sua struttura organizzativa e ne circoscriva le mansioni, il rapporto tra costoro non è regolato dal diritto del lavoro.
Ma una tale gestione bicefala del rapporto di lavoro non è stata sempre ammessa dall’ordinamento: la legge n.1369 del 1960, infatti, vietava la cosiddetta fornitura di manodopera, la quale si concretizzava nell’affidamento, da parte dell’imprenditore o committente, in appalto, subappalto o in qualsiasi altra forma ad un soggetto interposto(anche società cooperativa)dell’esecuzione di mere prestazioni lavorative, a tempo o a cottimo, mediante l’impiego di manodopera assunta e retribuita(appunto, fornita)dall’appaltatore o intermediario[3]; il provvedimento legislativo intendeva sanzionare un’antica prassi datoriale, nota oltralpe come marchandage du travail, in cui il datore di lavoro si spogliava della propria responsabilità giuridica ed economica nei confronti dei lavoratori utilizzati(ottenendone vantaggi finanziari)facendola ricadere sugli interposti: questi ultimi, denominati nel linguaggio comune “caporali”, nonostante figurassero ufficialmente come datori di lavoro erano soggetti privi di garanzie di solvibilità e lucravano in guisa parassitaria sull’interposizione fittizia di manodopera, talvolta esigendo gabelle dai medesimi lavoratori[4].
La violazione del divieto d’interposizione di manodopera era sanzionata sul piano civile e penale: dal punto di vista civilistico i prestatori di lavoro venivano considerati, a tutti gli effetti, alle dipendenze dell’imprenditore che avesse effettivamente utilizzato le loro prestazioni; dal punto di vista penalistico l’interponente e l’interposto venivano condannati al pagamento di un’ammenda di lire 10000 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione[5].
L’impianto complessivo della legge n.1369 del 1960, in definitiva, intendeva ostacolare il decentramento non funzionale alla realizzazione di una segmentazione produttiva, essendo limitato al trasferimento della titolarità formale dei rapporti di lavoro: sulla scorta delle esperienze francese, tedesca e spagnola, il legislatore italiano, dapprima tramite la legge n.196 del 1997 ed in seguito attraverso il d.lgs. n.276 del 2003, ha abrogato la legge n.1369 ottenendo al contempo il potenziamento delle ipotesi di liceità che residuavano dalla previgente disciplina e la soppressione del divieto d’interposizione di manodopera; gli articoli da 20 a 28 della Riforma Biagi concernenti la somministrazione di lavoro sono stati recentemente abrogati, in attuazione della delega conferita dall’articolo 1, 7°comma, della legge n.183 del 2014(cosiddetto Jobs Act)dall’articolo 55, 1°comma, lettera d) del d.lgs. n.81 del 2015(recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”).
La figura giuslavoristica della somministrazione è attualmente regolata al capo IV del predetto decreto legislativo, dagli articoli 30 ss.: il capo esordisce con la qualificazione del contratto di somministrazione di lavoro, da intendersi come “il contratto, a tempo indeterminato o determinato, con il quale un’agenzia di somministrazione autorizzata, ai sensi del decreto legislativo n. 276 del 2003, mette a disposizione di un utilizzatore uno o più lavoratori suoi dipendenti, i quali, per tutta la durata della missione, svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore”.
Preliminarmente occorre operare una fondamentale distinzione: vi è alterità tra il contratto di somministrazione(fornitura professionale di manodopera), il quale è stipulato tra l’agenzia somministrante e l’utilizzatore, ed il contratto di lavoro subordinato(a tempo indeterminato o a termine), che vede invece come parti l’agenzia ed il dipendente somministrato/utilizzato.
Il contratto di somministrazione di lavoro può dar luogo ad una fornitura a tempo determinato o indeterminato(cosiddetto staff leasing): l’articolo 31, riconfermando la fattispecie a tempo indeterminato introdotta per la prima volta dal legislatore del 2003 ed oggetto di dispute normative(motivate dalla diffidenza circa l’utilizzazione tendenzialmente permanente di lavoratori dipendenti da un altro soggetto[6]), stabilisce che, salvo diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore, il numero dei lavoratori somministrati con contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato non possa eccedere il 20 per cento del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipula predetto contratto, con eventuale arrotondamento per eccesso; nell’ipotesi di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipula del contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato. Si precisa, inoltre, che possono essere somministrati a tempo indeterminato esclusivamente i lavoratori assunti dal somministratore a tempo indeterminato e che la somministrazione a tempo indeterminato non trova applicazione nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni. Per quanto riguarda la somministrazione a tempo determinato, invece, la norma prevede che ad essa si possa fare ricorso nei limiti quantitativi individuati dai contratti collettivi applicati dall’utilizzatore e che i predetti limiti non operino nei confronti di soggetti disoccupati da almeno 6 mesi titolari di trattamenti di disoccupazione non agricola o beneficiari di ammortizzatori sociali.
Sono ammessi ad assumere la qualità di somministranti esclusivamente i soggetti autorizzati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, previa valutazione del possesso di requisiti atti a garantire solidità economica, finanziaria ed organizzativa.
L’articolo 32 vieta l’impiego del contratto di somministrazione: per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero costituzionalmente garantito(articolo 40 della Costituzione); per l’adibizione dei lavoratori utilizzati presso unità produttive nelle quali si è proceduto, nei 6 mesi antecedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi della legge n.223 del 1991 che hanno riguardato dipendenti esercitanti le medesime mansioni oggetto della somministrazione, salvo che il contratto sia stato concluso per la sostituzione di lavoratori assenti o per una durata non superiore a 3 mesi; per la destinazione dei lavoratori somministrati presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario di lavoro in regime di Cassa Integrazione Guadagni aventi ad oggetto le medesime mansioni oggetto di somministrazione; quando i datori di lavoro non abbiano fatto confluire la valutazione dei rischi connessi allo svolgimento della prestazione lavorativa nel documento per la sicurezza(DVR)[7].
L’articolo 33, 1°comma, enuncia i requisiti di contenuto-forma del contratto di somministrazione di lavoro, al fine di garantire la trasparenza nel mercato del lavoro: esso deve essere redatto in forma scritta a pena di nullità(ad substantiam)e deve indicare gli estremi dell’autorizzazione rilasciata al somministratore; il numero dei lavoratori da somministrare; l’indicazione di eventuali rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore e le misure di prevenzione adottate; la data di inizio e la durata prevista della somministrazione di lavoro; le mansioni alle quali saranno adibiti i lavoratori e l’inquadramento dei medesimi; il luogo, l’orario di lavoro e il trattamento economico e normativo dei lavoratori. Ai sensi del 3°comma, le informazioni testè riportate devono essere comunicate per iscritto al prestatore di lavoro, assieme alla data di inizio ed alla durata prevedibile della missione, all’atto della stipulazione del contratto di lavoro ovvero all’atto dell’invio in missione presso l’utilizzatore.
Il 2°comma configura l’obbligo, in capo all’utilizzatore, di comunicare al somministratore il trattamento economico e normativo applicabile ai lavoratori suoi dipendenti che svolgono le medesime mansioni dei lavoratori da somministrare e a rimborsare al somministratore gli oneri retributivi e previdenziali da questo effettivamente sostenuti in favore dei lavoratori: la prima parte della disposizione trova il suo completamento nel 1°comma dell’articolo 35, il quale sancisce che per tutta la durata della missione i lavoratori somministrati hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle applicate ai dipendenti di pari livello dell’utilizzatore(l’avverbio “complessivamente” sta ad indicare che è possibile che singoli aspetti dell’obbligazione lavorativa siano disciplinati diversamente, purchè non si concreti un’ingiustificata ed arbitraria disparità di trattamento quale risultante dal trattamento economico e normativo globalmente considerato, valutazione riservata al giudice).
A norma dell’articolo 36, 1° e 2°comma, i lavoratori somministrati godono presso il somministratore e l’utilizzatore dei diritti sindacali disciplinati dalla legge n.300 del 1970(cosiddetto Statuto dei lavoratori)e, se assunti a tempo indeterminato, hanno diritto ad un’indennità mensile di disponibilità(determinata nel contratto di assunzione), divisibile in quote orarie, corrisposta dal somministratore al lavoratore per i periodi nei quali egli rimane in attesa di essere inviato in missione, nella misura prevista dal contratto collettivo applicabile al somministratore e comunque non inferiore all’importo fissato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali(articolo 34, 1°comma): i loro crediti di lavoro sono rafforzati dall’espressa previsione di un’obbligazione solidale a carico dell’utilizzatore, il quale è tenuto assieme al somministratore a corrispondere ai prestatori di lavoro somministrati/utilizzati il trattamento retributivo e contributivo previsto, salvo il diritto di rivalsa avverso il somministrante(articolo 35, 2°comma).
Gli articoli 38 e 40, infine, prevedono le sanzioni in caso di somministrazione irregolare: in particolare, l’inosservanza della forma scritta implica il riconoscimento del rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore e la comminazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 ad euro 1250.
Il d.l. n.87 del 2018(intitolato “Disposizioni urgenti per la dignita’ dei lavoratori e delle imprese“, cosiddetto Decreto dignità), nella prospettiva di contrastare il precariato, ha modificato l’articolo 34, 2°comma del d.lgs. n.81 del 2015 prevedendo che, in caso di assunzione a tempo determinato si applichi la disciplina dei rapporti di lavoro a termine come modificata dal medesimo provvedimento avente forza di legge, ad esclusione delle norme in materia di numero complessivo di contratti a tempo determinato e di diritto di precedenza in caso di nuove assunzioni(articolo 2): i contratti di assunzione in somministrazione a termine, dunque, saranno caratterizzati da acausalità per i primi 12 mesi e da causalità per i successivi periodi, con il limite di durata massima di 24 mesi e con il limite di rinnovi e proroghe(le prime in presenza di situazioni di eccezionalità, le seconde in presenza di consenso del lavoratore risultante da atto scritto)a 4. L’articolo 3, 2°comma, del decreto legge, inoltre, ha aumentato di 0,5 punti percentuali il contributo a carico del datore di lavoro in occasione di ogni rinnovo del contratto a tempo determinato anche in regime di somministrazione.
Fonti:
[1]ZIZZARI S., http://www.iusinitinere.it/levoluzione-delleterodeterminazione-nel-lavoro-subordinato-10123
[2]Ovvero da due controparti, datore di lavoro e lavoratore, unitariamente intese.
[3]Articolo 1 della legge n.1369 del 1960
[4]Le radici storiche del divieto d’interposizione di manodopera sono ricostruite da CARINCI F., DE LUCA TAMAJO R., TOSI P., TREU T., Diritto del lavoro. 2. Il rapporto di lavoro subordinato, Utet, Torino, 2013, pp.144-145
[5]Articolo 2 della legge n.1369 del 1960
[6]La legge n.247 del 2007 aveva abrogato l’istituto della somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, successivamente reintrodotto dalla legge n.191 del 2009(Legge finanziaria per il 2010)nei casi originariamente e tassativamente previsti, salva delega autorizzatoria affidata alla contrattazione collettiva.
[7]GIULIANO R., http://www.iusinitinere.it/incidente-nello-stabilimento-thyssenkrupp-di-torino2007-2017-una-retrospettiva-giuridica-6846
Rossella Giuliano nasce a Napoli nel 1994.
Dopo aver conseguito la maturità classica nel 2012, inaspettatamente, interessata alle implicazioni giuridiche della criminologia, decide d’iscriversi al corso di laurea magistrale in Giurisprudenza presso l’Ateneo Federico II: durante il percorso accademico, si appassiona a tutto ciò che gravita attorno all’universo giuridico; volendo coniugare la sua passione per la cultura tedesca con la propensione per la tutela dei soggetti svantaggiati, sta attualmente redigendo una tesi sulle influenze del regime dell’orario di lavoro sulle politiche di tutela dell’occupazione nel diritto italiano e tedesco.
Suoi ambiti d’interesse sono le lingue, letterature e culture straniere, i cani, la musica, la cinematografia.