venerdì, Luglio 26, 2024
Labourdì

Retribuzione: il trattamento economico previsto per l’attività inventiva

 

La retribuzione costituisce uno degli aspetti principali che caratterizzano un rapporto di lavoro.
Costituisce, infatti, il corrispettivo dovuto al lavoratore per la prestazione lavorativa realizzata.

L’articolo 36 della nostra Costituzione rappresenta il fondamento principale di tale elemento, stabilendo la suddetta norma che la retribuzione deve essere proporzionata alla qualità e quantità del lavoro, nonché sufficiente ad assicurare una vita dignitosa al lavoratore ed alla famiglia del lavoratore.
Altra norma di rilevante importanza è costituita dal successivo art. 37 Cost, che sancisce il fondamentale assioma della parità di trattamento tra lavoratrice e lavoratore, relativamente alla retribuzione.
Data la natura contrattuale del rapporto di lavoro, vi è un’ulteriore previsione codicistica relativa alla retribuzione in ambito civilistico, concretata dall’art. 2099 del codice civile.

Realizzata una panoramica generale del sostrato normativo fondante la retribuzione, è possibile passare all’analisi dei vari tipi di retribuzione.

La retribuzione può essere:
– a tempo, ove sia rapportata alla durata della prestazione lavorativa.
– a cottimo, ove sia rapportata al rendimento dell’attività lavoratore, potendosi ulteriormente distinguere tra cottimo puro e misto; nel primo caso, la retribuzione è interamente determinata sulla base del rendimento dell’attività lavorativa, nel secondo invece ad una base retributiva fissata nel contratto, si aggiunge la parte di retribuzione relativa al rendimento lavorativo realizzato.
– in natura, i cui esempi più diffusi sono il vitto, l’alloggio o i cosiddetti fringe benefits (macchina aziendale, polizze assicurative, borse di studio); generalmente tale tipo di retribuzione si aggiunge ad un fisso parametrato nel contratto.
– infine vi è la provvigione, che è invece rapportata al volume d’affari concluso dal lavoratore, ma è adottata in specifici settori.

La situazione muta nel caso in cui l’attività svolta dal lavoratore abbia ad oggetto un’opera creativa, ossia quando il lavoratore nell’espletamento della propria attività lavorativa realizzi un’opera nuova suscettibile di autonoma utilizzazione economica.

Nel nostro ordinamento sono previste tre tipi di invenzioni:
– l’ invenzione di servizio è quella realizzata nell’ambito dell’attività lavorativa oggetto del contratto di lavoro e dunque l’opera creativa concretata in tale ipotesi rientra nella prestazione tipizzata dal contratto e, in quanto tale, è retribuita.
– l’invenzione d’azienda, è quella opera inventiva realizzata nell’espletamento della prestazione lavorativa ma non espressamente oggetto dell’attività lavorativa richiesta al lavoratore, pertanto essa non è dotata di copertura retributiva.
– l’invenzione occasionale, è quella pur realizzata nell’ambito del rapporto di lavoro ma del tutto slegata dall’oggetto del contratto di lavoro.

Recentemente la Cassazione si è espressa in tema di invenzione d’azienda, al fine di mettere chiarezza relativamente a questa tematica tutt’altro che limpida, nonostante sia nella realtà molto frequente.
Spesso accade che i contratti siano poco chiari riguardo alle voci retributive riferite alle eventuali invenzioni realizzate dal lavoratore dipendente e, pertanto, quando si verifica tale ipotesi non è raro che si creino frizioni all’interno dell’impresa per l’utilizzo della stessa.

Al riguardo esiste una normativa specifica contenuta dal Codice della Proprietà Industriale, ma si tratta di una disciplina legislativa che non riceve sempre un’interpretazione uniforme.
L’art. 64 di tale norma, al comma1°, prevede che se l’attività inventiva rientra nella previsione contrattuale come oggetto della stessa, i diritti derivanti dall’invenzione appartengono al datore di lavoro, fatto salvo però il diritto del lavoratore ad esserne riconosciuto come autore.

Ebbene, al fine di ritenere operante tale previsione, la giurisprudenza ha costantemente affermato che c’è bisogno della contemporanea sussistenza dei due elementi richiesti dall’articolo, ossia che l’attività inventiva sia prevista come oggetto della prestazione lavorativa, nonché che per la stessa sia prevista una retribuzione specifica.

Il problema concerne proprio l’individuazione di tale retribuzione specifica, in quanto spesso il regolamento contrattuale non appare essere sufficientemente chiaro.

Negli ultimi anni è intervenuta una pronuncia della Cassazione (Cass. Civ. Sez. Lav. 6 maggio 2014), nella quale i giudici di piazza Cavour hanno sostenuto un indirizzo diverso rispetto al passato, teso a valorizzare piuttosto l’interpretazione generale del contratto nel suo insieme.

Il caso di specie concerneva un dipendente assunto con funzioni di progettazione, tuttavia nel contratto non c’era riferimento ad una retribuzione specifica per l’eventuale attività inventiva svolta. Ciononostante la retribuzione corrisposta allo stessa era molto alta.

La Suprema Corte ha concluso che, tenendo conto del contenuto del contratto e del trattamento retributivo riservato al dipendente, dovesse ritenersi inclusa anche la retribuzione per l’attività inventiva, pertanto ha concluso nel senso di rigettare la richiesta del dipendente di ottenere un “equo premio”.

Dott.ssa Marilù Minadeo

Nata a Napoli, il 26/07/1991. Nel marzo del 2016 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l' Università Federico II di Napoli. Ha intrapreso il percorso di preparazione al concorso in magistratura, frequentando un corso di formazione privato presso un magistrato. Inoltre, sta perfezionando la formazione presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni legali di Napoli ed è praticante avvocato.

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