La politica energetica e ambientale dell’India
Premessa: questo è il terzo di una serie di articoli che mirano ad analizzare, da un punto di vista del diritto internazionale, le legislazioni ambientali ed energetiche dei principali paesi firmatari della COP21.
La legislazione indiana non presenta traduzioni ufficiali in italiano. Per questa ragione molti termini, come la denominazione delle leggi, non sono stati tradotti dall’ inglese (di cui è presente una traduzione ufficiale fornita dal governo indiano). I dati citati sono forniti dall’IEA (International energy agency)
Politica energetica indiana: sfide e criticità
Introduzione
Il 2 Ottobre è una data importante in India: segna la nascita di Mahatma Gandhi, leader dell’indipendenza indiana e fautore di un pensiero eco-sostenibile. Tuttavia, dal 2016, il 2 ottobre sarà ricordato anche per essere la data in cui è avvenuta la ratifica ufficiale del testo della Cop 21 da parte del governo centrale indiano.
Nel 2015, infatti, 196 paesi si sono riuniti a Parigi, raggiungendo uno storico accordo per la salvaguardia dell’ambiente.
Ciò che rende così importante la COP21 è un dato fondamentale: la partecipazione attiva dei principali colossi asiatici. In primo luogo la Cina , ma ad un gradino più basso, l’India.
Il governo indiano si è impegnato, per raggiungere i punti fissati a Parigi, a ridurre le emissioni di carbonio del 33-35%, dai livelli registrati nel 2005, entro il 2030. L’obiettivo è quello di soddisfare il 40% della domanda di energia con fonti energetiche alternative a quelle tradizionali.
I dati del consumo energetico indiano
L’economia indiana è la terza più grande al mondo (dopo Cina e USA). E’ la casa del 18 % della popolazione mondiale e, nonostante ciò, si prevede che entro il 2040 la richiesta energetica pro capite sarà più bassa del 40% rispetto alla media mondiale. Questo, secondo gli scenari studiati dall’IEA, non potrà che portare ad uno sviluppo sempre maggiore della domanda di energia.
Inoltre, occorre considerare che la maggior parte dei paesi occidentali hanno varato legislazioni ambientali volte alla salvaguardia dell’ambiente e la Cina si è impegnata, con il tredicesimo FYP, all’opera di eco-civilization per entrare nel periodo di “new-normal”(con tutte le contraddizioni che sono già state sottolineate nell’articolo su citato ). Questo sposta l’attenzione sulla politica energetica indiana.
Infatti, se continua a questi livelli, l’India entro il 2040 sarà la principale consumatrice di energia derivante dalle tradizionali fonti di energia fossili. Il mercato energetico solare sarà il secondo al mondo (secondo solo alla Cina).
Dunque, secondo questi dati, il sistema energetico indiano dovrà quadruplicare in dimensioni per soddisfare la nascente domanda energetica.
Legislazione e politiche ambientali
La legislazione indiana in materia ambientale, a dispetto del forte inquinamento che oggi attanaglia nuova Delhi, è sempre stata molto sviluppata. Ancor più che in Cina, fattori etici e religiosi si sono riverberati in modo decisivo nello sviluppo di questa branca legislativa.
Il culto della natura – attraverso il sole, la luna, la terra, l’aria e l’acqua – non era solo la primitiva risposta dell’uomo alla paura dell’ignoto, ma nasceva dalla profonda reverenza mostrata alle forze della natura.
Il pincipio che sottende questo profondo rispetto nei confronti della natura è la convinzione che la vita sia un singolare e continuativo fenomeno e che anche un piccolo cambiamento nell’ecosistema sia in grado di distruggere l’armonia. Guru Nanak (fondatore della religione Sikh, 1469-1539), affermava ‘Pawan Guru, Pani Pita Mata Dhart Mahat, Divis RaatDoi Daia, Khele Sagal Jagat’ (L’aria è come Dio, l’acqua è il padre e la terra è la madre. E’ tramite l’armoniosa interazione di tutti questi tre ingredienti vitali che l’intero universo è sostenuto).
Ciò si è tradotto modernamente, ad esempio, nell’emanazione del “The Water (Prevention and Control of Pollution)Act” nel 1974. Nel 1976, la costituzione indiana fu modificata nell’ottica di introdurre nuovi articoli per la protezione ambientale. L’ Environment (Protection) Act fu varata nel 1986 e più volte modificata per tenerla al passo con I tempi. Dal 1990 sono state istituite varie autorità indipendenti con il compito di controllare i livelli di inquinamento. Nel 2002 è stata varata la Biological Diversity Act.
Questi esempi valgono a sottolineare come, a differenza della repubblica popolare Cinese, la legislazione indiana in materia ambientale si è sviluppata in modo coerente e costante nel corso degli anni.
E’, tuttavia , un paradosso che, nonostante una legislazione ed un background culturale così avanzato, l’India sia uno tra i paesi più inquinati al mondo. Parte della dottrina ha sottolineato come, un meccanismo legale basato su molteplici leggi ambientali, abbia generato una confusione tra fonti che non ha permesso una effettività delle norme.
Ciò, di conseguenza, ha sancito l’importanza del potere giudiziario che ha cercato di colmare tale lacuna. Ad esempio, dopo il disastro di Bhopal del 1984, nel caso “MC Mehta Vs Union of India and others” la suprema corte indiana sancì (ben prima di altre supreme corti occidentali) il principio di “sviluppo sostenibile” e di “precauzione”, esortando il legislatore a varare delle adeguate norme che rispettassero tali principi.
Conclusioni
Tirando le somme di queste breve riflessioni, il punto cruciale è, senza dubbio, comprendere come il governo indiano voglia raggiungere gli obiettivi fissati a Parigi. Ad esempio, recentemente, il governo di Narendra Modi, primo ministro indiano, ha varato un provvedimento (CAMPA bill or Compensatory Afforestation Fund Management and Planning Authority bill) che stabilisce la “forest-cover” di vaste aree naturali con l’obiettivo di creare un Sink biosferico. Per “carbon-sink” (in italiano: sink biosferico) si intende un processo di immagazzinamento di anidride carbonica da compartimenti naturali o antropici. Questo processo di “forestizzazione” potrebbe ridurre le emissioni di CO2 del 20% entro il 2040 secondo i dati forniti dal governo indiano.
Ma sorge spontanea la domanda: saranno sufficienti queste manovre che non guardano in modo sistematico al futuro?
Classe 1993, laureato con lode in giurisprudenza (Federico II) in diritto dell’energia con una tesi dal nome “Europa-Cina: politiche energetiche a confronto”, frutto di un’esperienza di ricerca tesi a Shanghai (Koguan Law school). Attualmente svolge il tirocinio ex art 73 presso la Corte d’Appello di Napoli, I sezione penale.