Scopriamo le claims made nei contratti di assicurazione.
Nate in seno agli ordinamenti di common law ed oggetto di alterne vicende in Italia, le clausole “claims made” (tradotto in italiano: “a richiesta fatta”) sono oggi immesse a viva forza nei contratti di assicurazione.
Pur potendo, in astratto, tali clausole essere inserite in qualsiasi contratto concluso tra professionisti e consumatori, sembra che i contratti di assicurazione per la responsabilità civile siano i negozi che elettivamente si sono prestati ad un loro recepimento e, non a caso, proprio rispetto a questi ultimi sono sorte le maggiori controversie interpretative. In forza delle clausole de quibus si incide sulla determinazione temporale del sinistro, fonte dell’obbligazione risarcitoria e pertanto coperto dal contratto di assicurazione, spostandola dalla verificazione del fatto illecito alla richiesta risarcitoria da parte del danneggiato nei confronti dell’assicurato e subordinando la copertura assicurativa alla circostanza che detta richiesta intervenga nel periodo di vigenza della polizza.
Volendo esemplificare, a fini di maggior chiarezza, si pensi ad un incidente stradale cagionato da un soggetto che ha previamente stipulato un’assicurazione per la responsabilità civile ( che in tal caso è obbligatoria ex lege) e si supponga che la vittima avanzi una richiesta risarcitoria qualche giorno più tardi, allorquando il contratto di assicurazione è già scaduto.
Ebbene l’assicurato, nella situazione delineata, non potrà chiamare in manleva nel processo contro di lui intentato l’assicuratore poiché, avendo la clausola derogato al principio in forza del quale la copertura assicurativa è garantita per tutti i fatti illeciti verificatisi nel mentre il contratto ha efficacia (cd. “Loss occurence” o “insorgenza del danno”), si dovrà tener conto del momento in cui la richiesta risarcitoria viene avanzata dal danneggiato ed è di tutta evidenza che, nell’esempio addotto, la richiesta intervenga quando ormai il contratto ha già perso vigore.
Per meglio comprendere l’evoluzione giurisprudenziale circa la validità delle claims made ed il definitivo approdo delle Sezioni Unite ( Cass. Sez.Unite n.9140/2016), le quali hanno fugato ogni dubbio sull’ammissibilità di queste clausole nei contratti di assicurazione, è bene specificare alcuni punti che rappresentano le principali censure avanzate contro di esse.
• Esistono due tipi di clausole claims made: cd. Pure, le quali subordinano l’operatività della garanzia al fatto che la richiesta risarcitoria venga inoltrata dal danneggiato all’assicurato e da questi all’assicuratore durante la vigenza della polizza a prescindere dal tempo in cui il fatto si è verificato; e quelle cd. Impure o miste, ove a differenza delle prime, è necessario per il corso della garanzia che sia il fatto illecito che la richiesta sussistano durante il termine di validità del contratto o, al massimo, vi potrà essere una retrodatazione della garanzia per fatti illeciti occorsi due o tre anni prima della stipula del contratto.
In questa ultima ipotesi v’è una maggiore restrizione tanto della garanzia assicurativa (circoscritta ad un preciso periodo temporale) quanto della tutela dell’assicurato. In passato la giurisprudenza poneva in dubbio solo la validità delle clausole impure perché la garanzia per fatti anteriori alla stipula era delimitata temporalmente (e ciò veniva considerata un’indebita limitazione di responsabilità).
• Esigenze da non sottovalutare , soprattutto economiche, sottendono la previsione nei contratti d’assicurazione delle clausole in parola ; si ponga mente all’importanza che esse rivestono in delicati settori quali quello delle attività professionali ( ed in special modo nell’arte medica) dove a fronte di condotte omissive da parte dei sanitari, il danno si verifica a distanza di tempo ed è difficile determinare qual è l’esatto momento di verificazione dell’fatto illecito ( in quanto il processo morboso si evolve nel tempo ) a meno di non scadere in una fictio iuris. A tal riguardo la Cassazione ha avuto cura di precisare che , se da un lato non è opportuno praticare un ostracismo nei confronti di tali clausole , dall’altro è necessario che i professionisti e tra questi i sanitari in particolare, tenuti ex lege a dotarsi di una copertura assicurativa, lo facciano evitando pericolosi vuoti assicurativi ( periodi cioè in cui i sanitari non sono garantiti da alcuno) a tutto scapito del paziente danneggiato che non potrà fare affidamento anche sul patrimonio dell’assicuratore.
• Degna d’attenzione è la mozione che deponeva contro tali clausole a ragione della quale il contratto di assicurazione è un contratto aleatorio e le claims made si riverberano su detto elemento causale perché permettono di risarcire condotte antecedenti alla stipula della polizza (rispetto alle quali vi sarebbe una certezza circa la loro esistenza), purché la richiesta soggiunga durante la sua vigenza. La Cassazione , nel suo massimo consesso, ha avuto cura di precisare che la questione va posta in altri termine poiché il rischio che necessariamente inerisce ai contratti assicurativi si forma progressivamente , non perfezionandosi con il solo verificarsi del fatto illecito ma anche con la successiva pretesa risarcitoria. Le claims made ,dunque, derogano solo ad uno dei due aspetti in cui il rischio si concretizza, con la doverosa specifica che il fatto illecito non deve essere conosciuto dall’assicurato al momento della stipula (in caso contrario si guardi art. 1892-1893 c.c.).
• Si è discusso , inter alia, sul fatto che le claims made portassero ad una illecita limitazione di responsabilità in spregio a quanto previsto dall’art. 1229 c.c. o se , invece, queste si limitino ad incidere sull’oggetto del contratto , cioè sul rischio garantito. Premesso che non è facile discernere quando ricorra la prima o la seconda ipotesi , la giurisprudenza è grossomodo concorde nel dire che tali clausole riguardano “il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa” mentre le limitazioni di responsabilità attengono “all’esonero di responsabilità rispetto a rischi rientranti nell’oggetto del contratto”.
• La Suprema Corte ha ammesso, né poteva essere altrimenti, che l’inserimento di una clausola claim made nel contratto assicurativo dà luogo ad un negozio atipico, derogando a quanto dispone l’art 1917 c.c. Pertanto l’interprete sarà chiamato a scrutinare la meritevolezza dell’interesse che il contratto sottende nel caso concreto ed in ragione di tale indagine decidere sulla rilevanza di tali negozi.
• In ultimo , merita menzione la valutazione in termini di vessatorietà che di queste previsioni contrattuali è stata fatta. Nel merito , l’organo nomofilattico ha respinto la teoria che ravvisava una vessatorietà in astratto delle claims made, le quali , per altro, non attenendo a limitazioni di responsabilità non debbono essere approvate per iscritto ex art. 1341 c.c. , nondimeno se queste clausole vengono disposte in un contratto tra professionisti e consumatori e generano “ un significativo squilibrio di diritti e di obblighi” a danno del consumatore, possono essere dichiarate nulle ex art.36 cod.cons.
Angelo D’Onofrio è uno studente di giurisprudenza iscritto al IV anno all’Università Federico II di Napoli. Ha partecipato alla NMCC Elsa tenutasi a Perugia nel 2016 , alla NMCC Elsa in diritto penale tenutasi a Napoli nel 2017 ed alla Local Moot Court Elsa in diritto privato a Napoli , vincitore del premio miglior oratore in quest’ultima . Vanta, inoltre, una partecipazione alla National Negotiation di Elsa a Siena. Attualmente sta lavorando ad un LRG in diritto bancario dal titolo ” Il nuovo diritto societario della crisi dell’impresa bancaria. Profili di specialità rispetto al diritto comune ” .