Legittimo il licenziamento del lavoratore che collega assenze strategiche e riposi anche senza superare il periodo di comporto
Una sentenza della Cassazione, precisamente la numero 18678 del 2014, segna una pronuncia storica nel panorama del diritto del lavoro.
Gli Ermellini, ritengono legittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo del lavoratore che risulti assente in modo strategico, agganciando il giorno di malattia a eventi festivi,anche se il numero di assenze non supera il periodo di “comporto“, cioè la somma dei giorni di malattia consentiti.
Le ripetute assenze strategiche a macchia di leopardo, casualmente collegate a giorni in rosso sul calendario, secondo la Cassazione producevano:
«una prestazione lavorativa non sufficientemente e proficuamente utilizzabile da parte della società, risultando la stessa inadeguata sotto il profilo produttivo, e pregiudizievole per l’organizzazione aziendale».
Comportamento che aveva creato indubbi problemi all’interno dell’azienda.
Il caso di specie, riguardava un lavoratore di una società edile di Chieti che praticava assenze strategiche e scientificamente “studiate”. Si trattava di 2-3 giorni di assenza sempre sulla scia di ponti festivi, dandosi malato, spesso anche senza preavviso.
Licenziato dal datore di lavoro, si oppose al licenziamento sottolineando quanto fosse premeditato e sprovvisto, allo stesso tempo, di giusta causa. Ma per i giudici non fu convincente, infatti, ascoltando come testimoni gli ex colleghi, emerse la sistematicità di queste assenze.
La Corte, infatti, ha ribadito che:
“il datore di lavoro non può recedere dal rapporto prima del superamento del limite di tollerabilità dell’assenza“, ma in questo caso il comportamento rende la prestazione lavorativa “inadeguata sotto il profilo produttivo e pregiudizievole per l’organizzazione aziendale”.
A maggior ragione se, come spiega la Corte, le assenze “comunicate all’ultimo momento determinavano la difficoltà, proprio per i tempi particolarmente ristretti, di trovare un sostituto”.
Inoltre, secondo la legge (Cassazione, n. 3876 del 2006), inoltre, è legittimo il licenziamento per scarso rendimento qualora sia provata un’ evidente violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente – e a lui imputabile – in conseguenza dell’enorme sproporzione tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento.
Il tema, a giudizio di chi scrive, necessita una “summa divisio” imprescindibile.
La disciplina delle assenze per malattia contemplata dall’articolo 2110 del codice civile, prevede un periodo in cui vige il diritto alla conservazione del posto di lavoro (c.d. periodo di comporto) e l’impossibilità di licenziare in ragione della malattia.
E lo stabilisce attraverso il richiamo alle specifiche disposizioni contenute nei contratti collettivi, che fissano il tetto massimo di assenze.
Oltre tale limite il lavoratore è immediatamente licenziabile, senza che il datore di lavoro debba fornire alcuna ulteriore ragione o prova: è sufficiente elencare nella lettera di licenziamento i giorni di assenza e la durata complessiva della stessa.
Per cui sarebbe pericolosamente discrezionale oltrepassare principi, anche costituzionali, semplicemente in virtù della ratio della produttività aziendale. La pronuncia suddetta però ,risulta invece comprensibile laddove siano giorni di riposo e non di malattia ad essere agganciati a festività o a weekend lunghi.
Si segnala una pronuncia recente sul tema: la Corte di Cassazione, ha infatti, in un recentissimo intervento del settembre 2015, chiarito che mentre lo scarso rendimento è caratterizzato da colpa del lavoratore, non altrettanto può dirsi per le assenze dovute a malattia, e ,quasi a voler rimettere ordine su un tema tanto delicato, ha statuito: “E poiché è stato intimato per scarso rendimento dovuto essenzialmente all’elevato numero di assenze, ma non tali da esaurire il periodo di comporto, il recesso in oggetto si rivela ingiustificato” .
Il ragionamento ispiratore, per lo scrivente, è di facile individuazione: il danno per difficoltà all’organizzazione aziendale, la sistematicità delle assenze, la tollerabilità per il datore di lavoro sono argomenti che possono fondare la legittimità di un licenziamento SOLO laddove le assenze non siano per malattia. In presenza di un certificato di malattia, per il datore di lavoro, lo strumento da applicare è il controllo sulla veridicità dello stesso (cd. visite fiscali di accertamento) .
Dunque, nel caso in cui le assenze per malattia non superino il periodo di comporto, il licenziamento è certamente illegittimo.