La Corte di Appello di Napoli, in data 11 gennaio 2017, ha emanato una sentenza rivoluzionaria destinata a fare giurisprudenza in tema di disciplina del contratto di leasing. Secondo i giudici, infatti, “l’utilizzatore del bene acquistato in leasing può proporre le azioni di riduzione del prezzo e di risarcimento del danno direttamente nei confronti del venditore”. I fatti oggetto di causa risalgono al 2008, quando l’appellante aveva stipulato un contratto di leasing con una Società per Azioni per l’acquisto di un’imbarcazione da diporto. Il bene oggetto d’acquisto si era subito mostrato inclinato su un lato; il che, secondo il nuovo proprietario, impediva un normale uso del mezzo, considerando che era necessario rettificarne continuamente l’assetto anche in condizioni meteorologiche favorevoli. L’uomo si era quindi rivolto al tribunale per ottenere la riduzione del prezzo di acquisto e il risarcimento del danno per non aver potuto sfruttare per intero le prestazioni del mezzo. La convenuta aveva chiesto il rigetto della domanda, sostenendo che il bene non presentava alcun vizio che lo rendesse inidoneo all’uso a cui era destinato.
Con sentenza del 2012, il giudice di primo grado aveva respinto le richieste dell’attore, che ha quindi presentato appello per la riforma della pronuncia. Nel decidere l’impugnazione, la Corte afferma, innanzitutto, che nella vicenda in esame non si possono applicare le norme del Codice del consumo contenute nel Dlgs 206/2005. E’ vero, infatti, che l’articolo 128 dello stesso Codice contiene “una nozione ampia di bene di consumo”, nella quale rientrano quindi tutti i beni mobili, “anche quelli registrati in pubblici registri e anche le imbarcazioni e gli aeromobili”. Tuttavia, la possibilità di far riferimento alla disciplina del Dlgs 206/2005 è esclusa dal fatto che l’imbarcazione era stata comprata da una società di leasing e non dall’utilizzatore. Peraltro, per i costi di acquisto e di gestione, quel natante è destinato a una limitata fascia di persone particolarmente esperte, le quali perciò non possono essere annoverate tra i soggetti tutelati dal Codice del consumo.
La Corte afferma quindi di condividere la sentenza di primo grado nella parte in cui ammette la legittimazione dell’utilizzatore del bene a proporre le azioni di riduzione del prezzo e di risarcimento del danno direttamente nei confronti del produttore del bene. Infatti, il leasing finanziario realizza un collegamento negoziale tra contratto di leasing e contratto di fornitura, “la cui causa in concreto è autonoma rispetto a quella dei singoli contratti collegati” ed è diretta “a garantire all’utilizzatore stesso il godimento del bene acquistato dalla società di leasing”.
Nel caso esaminato, il giudice di primo grado, aveva accertato che il difetto era “percepibile, prima ancora che con l’apposita strumentazione, già a occhio nudo”. Si trattava di un vizio che non limitava la sicurezza della navigazione, ma che comunque incideva per il 15% sul prezzo di mercato dello stesso natante.
Così in base all’articolo 1490 del Codice civile, rubricato “Garanzia per i vizi della cosa venduta”, la Corte ha condannato la società produttrice a pagare all’appellante 66 mila euro, pari al 15% del valore della barca. I giudici di Napoli hanno, invece, respinto la domanda di risarcimento, giacché l’imbarcazione, nonostante il difetto, era “perfettamente idonea alla navigazione in sicurezza”.