Il Consiglio di Stato, mettendo definitivamente il punto sulla questione, ha affermato che il nuovo Codice dei contratti pubblici non ammette l’utilizzo del “soccorso istruttorio” per correggere la mancata indicazione nell’offerta economica degli oneri di sicurezza sul lavoro.
L’ultima pronuncia in tal senso del Consiglio di Stato è contenuta all’interno della sentenza 7 febbraio 2018, n. 815 che ha accolto il ricorso in appello di una impresa arrivata seconda nella aggiudicazione di un bando di gara. Le doglianze di quest’ultima, in particolare, si basavano sull’assunto che l’aggiudicazione fosse illegittima in quanto era stato consentito all’aggiudicataria di integrare la voce dell’offerta inerente gli oneri per l’adempimento delle disposizioni in materia di sicurezza sul lavoro.
Difatti, in un primo momento l’impresa concorrente aveva indicato tali importi nella misura del’ 1% del margine dell’offerta. Successivamente, la commissione giudicatrice aveva ritenuto l’indicazione troppo generica, invitando la concorrente ad integrare tale dichiarazione attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui all’art. 83, comma 9[1] del codice appalti.
Detta procedura, nonostante un primo beneplacito del TAR Lazio, è stata censurata dal Supremo Organo Amministrativo in sede di appello. I Giudici di Palazzo Spada tornati sulla questione, difatti, hanno affermato che il riconoscimento del beneficio in parola era avvenuto in assenza dei prescritti presupposti normativi in quanto nonostante il soccorso istruttorio sia nato per correggere errori o imprecisioni nell’offerta economica, tale strumento non è ammesso per la mancata indicazione dei cosiddetti oneri “interni o aziendali”, cioè quelli per l’adempimento delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Verrebbe altrimenti violato l’obbligo di indicare puntualmente l’ammontare degli oneri per la sicurezza cc.dd. ‘interni o aziendali’, di cui all’articolo 95, comma 10, secondo cui: “nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a)”[2].
In tale caso, inoltre, non trovano applicazione nemmeno i principi di diritto formulati all’interno dalla sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 27 luglio 2016, n. 19 in tema di ammissibilità del soccorso istruttorio per il caso di mancata indicazione degli oneri per la sicurezza[3].
Pertanto, l’istituto del soccorso istruttorio – preposto al rilievo non determinante di violazioni meramente formali – non può porsi in contrasto con il generale principio della par condicio concorrenziale, consentendo a un concorrente di modificare ex post il contenuto della propria offerta economica.
[1] Il testo dell’articolo recita: “le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, in caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara. Costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa”.
[2] In tal senso lo stesso Consiglio di Stato aveva inoltre ribadito che tale disposizione: “superando legislativamente le precedenti incertezze, ha definito che, per le gare indette nella vigenza del nuovo Codice, è necessaria per le imprese concorrenti l’indicazione dei detti oneri”.
[3] Tale sentenza ha espressamente limitato la valenza del principio alle sole gare indette nella vigenza del decreto legislativo n. 163 del 2006, escludendone le precedenti.