Come è noto, la tecnica di assunzione della prova dichiarativa all’interno del processo penale è rappresentata dall’esame incrociato (art. 208 c.p.p.). La natura incrociata di tale strumento di acquisizione della prova è comprensibilmente ricollegabile alla sua tripartizione in ‘esame’, ‘controesame’ e ‘riesame’. Si tratta di una sorta di “tesi, antitesi e sintesi” di hegeliana memoria, i cui tempi sono scanditi dalle domande poste dalle parti e dagli interventi del presidente del collegio.
Ma qual è l’oggetto delle domande cui è possibile sottoporre l’esaminato? E quali di queste sono da ritenere non ammissibili? A questi quesiti hanno cercato di rispondere dottrina e giurisprudenza.
Sulla base del combinato disposto degli artt. 499 e 194 c.p.p. con riferimento all’esame testimoniale, le domande devono essere specifiche e devono avere ad oggetto i fatti che le parti intendono provare, i quali vanno comunque previamente indicati in apertura di istruzione dibattimentale, al fine di garantire l’effettività dei meccanismi di discovery che tutelano la controparte dalle prove a sorpresa.
La giurisprudenza, inoltre, ha ulteriormente circoscritto lo spettro delle domande: infatti la parte che non ha indicato il teste a suo favore non può porre, in sede di controesame di quello introdotto da altra parte, domande su circostanze diverse da quelle specificate da chi ne ha richiesto l’esame al momento della presentazione della relativa lista (Cass. Sez. IV, 23 marzo 2005, n. 20585).
Dunque, il controesame deve avere ad oggetto gli stessi fatti esplorati nel corso dell’esame diretto, anche perché mira fisiologicamente alla diretta distruzione delle conoscenze introdotte con quel primo momento dell’esame incrociato. Ovviamente, se il controesame finisce con l’ampliare il tema dell’esplorazione dell’esame diretto, occorre ammettere la parte che ha introdotto la prova ad un riesame su quei fatti nuovi, pur se il riesame, in tal modo, rischia di modellarsi nei fatti come un controesame.
Per quanto riguarda invece le domande ritenute non ammissibili, il codice prevede che in qualunque fase dell’esame «sono vietate le domande che possono nuocere alla sincerità delle risposte» (cd. domande nocive). Risultano, dunque, inibiti quegli espedienti volti a limitare la libertà morale dell’esaminando: non trovano spazio, pertanto, le larvate minacce, gli allettamenti, gli ammiccamenti, le parole o i gesti violenti e gli atteggiamenti di provocazione o derisione. Al pari delle nocive sono vietate le domande ‘inopportune’ – menzionate espressamente dal codice previgente come domande inammissibili – che sono motivate da mere curiosità o divaganti, e le domande ‘trabocchetto’, ovvero quelle che muovono dalla premessa di un fatto (consapevolmente) falso.
Sono altresì vietate – seppur nel solo esame diretto – le domande suggestive, ossia quelle che implicitamente suggeriscono la risposta. Come evidenziato da autorevole dottrina, rientrano all’interno della categoria in questione le seguenti domande:
- ‘implicative’ per presupposizione, che presuppongono una circostanza rilevante non ancora acquisita al processo;
- ‘implicanti una aspettazione’, poste in modo da far comprendere all’esaminato che l’esaminante si aspetta una risposta necessariamente affermativa;
- ‘a disgiunzione completa’, che implicano l’esclusione di una alternativa possibile ma non compresa nella domanda;
- ‘consecutive’, che, sulla base di una risposta a domanda suggestiva, ne completano ed aggravano l’effetto;
- ‘guidanti’, che contengono per intero la risposta voluta;
- ‘affermative per congettura’, in cui si dà per scontato che il testimone abbia un certo ricordo
La ratio della non operatività del divieto di domande suggestive nel controesame è riconducibile alla diversa finalità dello stesso, che mira per l’appunto a sminuire i fatti narrati dal dichiarante attaccandolo sui fatti o sulla credibilità.
Non sono da considerare suggestive, invece, le domande ‘determinative’, che esordiscono con «chi, dove, quando, come, perché», e quelle ‘disgiuntive’, articolare su un’alternativa che l’esaminando deve scegliere. Sono altresì escluse dalla categoria in discorso – e dunque ammesse – le domande ‘riepilogative’, utilizzate soprattutto nelle deposizioni più complesse ed articolate per riassumere e mettere un punto fermo a quanto riferito.