28 Marzo 2025
28 Marzo 2025

“Le 5 challenge pericolosissime che i ragazzi fanno per internet”: il decreto di archiviazione del GIP di Milano

pericolosissime

Nel presente articolo verrà analizzato il decreto di archiviazione emesso dal Tribunale di Milano, Sezione Giudice per le Indagini Preliminari nella persona della Dott.ssa Sofia L. Fioretta in data 21.03.2021, riferito al video divulgato tramite la piattaforma YouTube sulle “5 challenge pericolosissime che i ragazzi fanno per internet“.

Il decreto di archiviazione è disponibile qui: archiviazione-milano-youtube

  1. In fatto.

Il 6 settembre del 2018 veniva rinvenuto il corpo senza vita di un giovane ragazzo, all’interno della camera da letto dei fratelli minori, soffocato da una corda legata a una traversa del letto a castello[1].

Gli inquirenti hanno sin da subito sospettato che si trattasse di suicidio e, sul punto, hanno cercato di comprendere il movente del gesto esaminando dapprima il diario scolastico del giovane uccisosi nell’estate del 2018 – senza rinvenire alcun che – e successivamente analizzavano il telefono cellulare utilizzato da questi.

Dall’annotazione della P.G.[2] si evinceva come nella cronologia web del giovane ragazzo fossero stati consultati quei siti web legati alle “5 challenges pericolosissime che i ragazzi fanno per internet”: nei siti venivano pubblicati dei video dove, di fatto, erano rappresentate cinque pratiche estremamente pericolose messe in atto dai ragazzi. Seppur vero che gli stessi autori dei video invitavano i seguaci a non imitare le pratiche messe in atto, molti giovani, soprattutto nell’ultimo periodo, hanno emulato le gesta pericolose come lo “space monkey” o lo “shoking game” basati, entrambi, sulla volontaria adozione di tecniche pericolosissime di soffocamento finalizzate a provocare transitoria perdita di coscienza per poi risvegliarsi in uno stato di “ebbrezza”[3].

Dopo un’attenta attività di indagine, la Polizia di Stato individuava circa 14 video contenenti la medesima descrizione e già il 15 settembre dello stesso anno il GIP – con il decreto del 18.9.2018 – disponeva il sequestro preventivo della pagina internet visionata dal minore. Tale provvedimento inibitorio veniva altresì notificato a YouTube LLC, la quale società rendeva inaccessibile i contenuti web indicati nel sequestro del GIP meneghino e rappresentava allo stesso giudice che i propri processi aziendali non prevedono alcun monitoraggio preventivo dei contenuti dei contenuti che violano le norme della community e per tali ragioni, per evidenziare la mancanza di responsabilità da parte della società YouTube LLC, il video in questione veniva rimosso e deindicizzato.

Il PM, sul punto, nel mese di dicembre dello stesso anno chiedeva l’archiviazione del procedimento per mancanza di presupposti oggettivi e soggettivi della condotta. La persona offesa non proponeva opposizione alla richiesta di archiviazione.

  1. Considerazioni in punto di diritto.

Dalla descrizione dei fatti, ivi riportati sinteticamente, è palmare come non sussistano sufficienti principi di prova per sostenere l’Accusa in giudizio nei confronti nella società YouTube LLC per difetto di dolo. Non è ipotizzabile, in alcun modo, il reato p.p. ai sensi dell’art. 580 c.p., ossia il reato di istigazione al suicidio, in quanto non vi è riprova dell’elemento soggettivo del dolo nel far sorgere rafforzare o agevolare il proposito suicidiario nella platea dei fruitori di internet e del video incriminato.

Sul punto si rammemora alla mente del lettore, che la littera legis dell’art. 580 c.p. sia incline a riconoscere nell’elemento oggettivo di far sorgere in un individuo il proposito di suicidarsi, prima inesistente, di rafforzare l’altrui proposito di suicidio agevolare l’esecuzione; condotte che nel caso di specie non vengono messe in atto dall’indagato, tuttavia, a discolpa di quest’ultimo, la difesa aveva fatto leva sulla trasparenza del carattere “assolutamente pericolosissimo del video” e rappresentava le conseguenze – altrettanto negative – inerenti alla salute di chi si sottoponeva alla challenge, aventi l’obiettivo di distogliere il visitatore dal mero proposito di emulare quanto rappresentato nel video.

Non è configurabile, allo stesso modo, il reato di omicidio colposo, in quanto manca sia il dolo che il nesso di causalità tra le eventuali condotte e l’evento morte così come configurato. Parimenti la società YouTube LLC non poteva essere accusata per omessa previsione dell’evento in quanto non vi è alcuna prova relativa ad un nesso di prevedibilità, nessuno avrebbe mai potuto prevedere che dopo due anni dalla pubblicazione del video relativo alle challenge pericolosissime[4], poteva verificarsi la morte del giovane.

In ultimo non sussistono i presupposti nemmeno per ascrivere all’ente alcun illecito amministrativo, la questione relativa all’Internet Service Provider e agli Hosting provider è un tema ancora dibattuto e non vi sono, almeno per ora, effettivi obblighi di monitoraggio in grado di incolpare l’ente.

La questione relativa alla responsabilità delle piattaforme costituisce un tema di dibattito che verrà risolto de iure condendo.

[1] Dal decreto di archiviazione emesso dal GIP Fioretta del Tribunale di Milano.

[2] Ci si riferisce all’annotazione della p.g. depositata agli atti il 14.9.2018.

[3] Dal decreto di archiviazione.

[4] Agli atti risulta che i video incriminati sono stati caricati sulla piattaforma YouTube nell’estate del 2016.

Si legga anche Grillo, Responsabilità degli Internet Service Provider (ISP): Peterson c. Youtube e Elsevier c. Cyando, Ius in itinere; e ancora Sulla responsabilità civile degli internet service provider per i materiali caricati dagli utenti (con qualche considerazione generale sul loro ruolo di gatekeepers della comunicazione) – Law and Media WSP no. 4/2020, MediaLaws.

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