La fondazione è un soggetto giuridico personificato, disciplinato dagli artt. 14 e ss. del codice civile.
Essa si costituisce sia con atto pubblico e, dunque, inter vivos, che con testamento, cioè con atto mortis causa. In particolare, dottrina risalente distingue l’atto di fondazione, che è atto unilaterale del fondatore, con cui si da vita all’ente, dall’atto di dotazione patrimoniale, che riveste la forma di un contratto di donazione quando la fondazione è costituita inter vivos oppure una disposizione testamentaria a titolo di eredità legato, quando la costituzione avviene mortis causa. Diversamente, la giurisprudenza di legittimità maggioritaria propende per il carattere unitario dell’atto costitutivo dell’ente fondazionale. Si badi che risolvere la questione in un senso o nell’altro è circostanza di non poco momento, soprattutto al fine di definire la forma, più o meno, solenne dell’atto di costituzione inter vivos,non può obliterarsi, infatti, che per l’atto donativo la Legge notarile, all’art. 48, prescrive la presenza di almeno due testimoni.
Di recente, la Corte di Cassazione ha confermato la natura unitaria dell’atto di costituzione della fondazione[1]. I giudici di legittimità hanno chiarito come la netta bipartizione, operata dalla dottrina e dalla giurisprudenza più risalente tra l’atto di fondazione, diretto alla creazione di un nuovo soggetto di diritto, e l’atto di dotazione patrimoniale in favore dello stesso, abbia lasciato spazio, nelle elaborazioni successive, ad una diversa ricostruzione del fenomeno, caratterizzata da una sostanziale inscindibilità fra i due momenti. Ciò, in particolare, ha portato a ricondurre ad unità l’atto di fondazione, che si compone, attraverso una compenetrazione dei due momenti – quello della volontà della costituzione dell’ente e quello dell’attribuzione patrimoniale – dell’atto di costituzione e di quello proprio di fondazione, in cui trova causa il primo, presentando, peraltro, la caratteristica di dar luogo ad un atto a titolo gratuito.
L’opzione interpretativa[2] propende, dunque, per l’unitarietà dell’atto di fondazione, inteso quale negozio unilaterale mediante il quale il fondatore enuncia un determinato scopo, predispone la struttura organizzativa che dovrà provvedere alla sua realizzazione, fornisce i mezzi necessari al conseguimento dello scopo enunciato. Si intende, così, superata la ricostruzione che, viceversa, valorizzava la distinzione tra atto di fondazione e atto di dotazione, intesi come negozio principale e negozio accessorio, che aveva altresì indotto a considerare il trasferimento patrimoniale attuato con l’atto di dotazione, come un’istituzione di erede o legatario, se l’atto di fondazione fosse stato contenuto in un testamento, ovvero quale donazione, se la fondazione fosse stata costituita per atto tra vivi. L’atto di fondazione è, così, allo stesso tempo, atto di disposizione patrimoniale, mediante il quale il fondatore si spoglia di talune delle proprie sostanze patrimoniali assoggettandole ad un vincolo di destinazione inerente lo scopo; nonché atto di organizzazione della struttura prodromica alla realizzazione dello scopo stesso. L’atto enunciativo dello scopo, determinativo della struttura organizzativa ed attributivo dei necessari mezzi patrimoniali, è unico sotto il profilo funzionale, come unico è, ad esempio, il conferimento dell’associato rispetto all’adesione del contratto di associazione.
L’atto costitutivo di una fondazione, pertanto, ha sempre la struttura di un negozio unilaterale e non di un contratto, rilevando tuttavia, rispetto ad esso, il requisito della forma ad substantiam di cui all’art. 14 c.c. L’indispensabilità della solennità del titolo costitutivo voluta dal Legislatore, dicende, da quanto sostenuto in dottrina[3], dalla similitudine della causa dell’atto di dotazione patrimoniale della fondazione con la causa della donazione, essendo, anche, il negozio di fondazione teso ad operare un’attribuzione patrimoniale ad un soggetto senza ricevere alcun corrispettivo. Tuttavia, l’effetto della dotazione del’ente trova una sua autonoma giustificazione causale, non nello spirito di liberalità del fondatore, quanto piuttosto nella destinazione di beni per lo svolgimento, in orma organizzata, dello scopo statutario. L’atto di dotazione, cioè, trova la sua giustificazione nell’atto di fondazione, rappresentandone un elemento inscindibile ed imprescindibile.
La volontà di creare l’ente non può distinguersi dalla volontà di destinare i beni allo scopo della fondazione[4].
L’unicità dell’atto di fondazione e dell’atto di dotazione patrimoniale in favore della stessa, quale componente di un complesso tipo negoziale munito di una propria autonomia causale, e la sua struttura essenzialmente unilaterale, inducono, pertanto, a non ravvisare alcuna automatica applicazione della disciplina prevista in tema di donazione all’atto costitutivo di fondazione.
Così “l’atto pubblico costitutivo di una fondazione, ai sensi dell’art. 14 c.c., non dà luogo ad un atto di donazione, avendo esso struttura di negozio unilaterale ed autonoma causa, consistente nella destinazione di beni per lo svolgimento, in forma organizzata, dello scopo statutario. Ne consegue che l’atto costitutivo di una fondazione non rientra fra gli atti per i quali è sempre richiesta la necessaria presenza di due testimoni, agli effetti della L. 16 dicembre 1913, n. 89,art. 48”[5].
[2]Sul punto già Cass., n. 24813 del 2008.
[3]Cfr., F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, XVIII ed., Ed Scientifiche Italiane, p.
[4]L’atto di attribuzione ad una costituenda fondazione deve, quindi, considerarsi lo strumento necessario per l’attuazione del fine, perciò inscindibilmente connesso col negozio di fondazione e privo di una propria autonomia.