L’ordinamento societario prevede, per la società per azioni, tre sistemi alternativi di amministrazione e controllo: quello c.d. tradizionale, il dualistico ed il monistico.
Nel sistema tradizionale, che trova attuazione se non diversamente stabilito dallo statuto, oltre al consiglio d’amministrazione (o amministratore unico) ed eventualmente al revisore legale dei conti, troviamo il collegio sindacale, ossia l’organo al quale è affidato il controllo e la vigilanza sulla gestione sociale e che viene nominato dall’assemblea dei soci.
Più precisamente, esso “vigila sull’osservanza della legge e dell’atto costitutivo, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione” (art. 2403, comma 1, c.c.). Pur potendo (in certi casi) rientrare nelle competenze del collegio sindacale, il controllo contabile di per sé è affidato ad un revisore legale esterno o ad una società di revisione contabile. Il legislatore si è poi spinto oltre richiedendo, in particolare, di vigilare “sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento”. La vigilanza sulla corretta amministrazione attiene alla conformità delle decisioni gestionali e dei procedimenti con i quali queste vengono assunte; tale controllo non può però mai investire la convenienza delle decisioni, che rientra nella sfera riservata alla competenza esclusiva degli amministratori e dei soci. Per quanto attiene poi alla verifica dell’effettivo funzionamento della struttura organizzativa, la norma richiede che i sindaci valutino l’apparato degli uffici amministrativi, tecnici e contabili di cui si è dotata la società, la competenza dei loro addetti, e soprattutto la capacità di questa struttura di rilevare i rischi e le criticità.
Va da sé che l’obiettività, l’imparzialità e l’indipendenza del collegio sindacale sono essenziali per l’esercizio delle enunciate funzioni di controllo e vanno perseguiti sia nei confronti degli amministratori sia nei confronti degli azionisti di maggioranza o di riferimento che li hanno nominati.
Ai sensi dell’art. 2407, comma 1, c.c. “i sindaci, devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla natura dell’incarico”. Il richiamo alla professionalità sottintende un grado di diligenza più elevato rispetto alla media, ovviamente giustificato dalla delicatezza dell’incarico da loro ricoperto.
Un primo titolo di responsabilità dei sindaci riguarda la verità delle loro dichiarazioni ed attestazioni, attinenti alle attività di verifica e controllo. Essi devono, inoltre, “conservare il segreto sui fatti e su documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio” (art. 2407, comma 1, c.c.).
I sindaci possono inoltre essere chiamati a rispondere anche in solido con gli amministratori, per i fatti o le omissioni di questi ultimi quando il danno a chiunque provocato non si sarebbe verificato “se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica” (art. 2407, comma 2, c.c.). Va puntualizzato che in ogni caso si tratta di una responsabilità per fatto proprio dei sindaci e non di una responsabilità oggettiva automaticamente scaturita da quella degli amministratori.
Così come quella degli amministratori verso la società è una responsabilità contrattuale, per colpa e per fatto proprio, di mezzi e non di risultato, differenziata in funzione dell’eventuale delega di attribuzioni conferita, per i sindaci si tratta di una vera e propria culpa in vigilando che potrà essere diversamente graduata in funzione del diverso ruolo da ciascuno assunto nella causazione del danno. In ogni caso essa scaturirà laddove non abbiano denunciato prontamente le irregolarità riscontrate e non abbiano esercitato i poteri e i doveri di intervento a loro riconosciuti, quali l’impugnativa delle delibere assembleari annullabili, l’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori (con delibera presa a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti) ed il controllo giudiziario della società ai sensi dell’art. 2409 c.c.
Le azioni di responsabilità esperibili contro i sindaci sono le stesse esperibili contro gli amministratori, potendo gli stessi rendersi responsabili verso la società, verso i creditori, verso i singoli soci e i terzi.