In un contesto di sempre crescente insofferenza nei riguardi di un fenomeno, quello dell’immigrazione, che da ormai parecchi anni sta interessando il nostro paese, è opportuno fare chiarezza sulle ragioni che hanno portato il TAR Latina nel Maggio scorso a ritenere illegittima la revoca del permesso di soggiorno nei riguardi di uno straniero colto in flagranza di reato di spaccio di sostanze stupefacenti, onde evitare che l’idiosincrasia che una parte della popolazione nutre per gli stranieri possa in qualche modo portare ad una lettura superficiale delle pronunce dei giudici.
Ebbene, a seguito dell’arresto dello straniero (nel caso di specie trattasi di un soggetto di nazionalità albanese), il Questore di Frosinone aveva ritenuto opportuno procedere con la revoca del permesso di soggiorno precedentemente rilasciato a favore dello stesso, sul presupposto che tale condotta rappresentasse una chiara spia della sua pericolosità sociale ai sensi dell’art. 2 della legge n. 327 del 1988, anche in ragione della “mediocre condotta morale e civile” tenuta dal soggetto in questione; il Questore non rilevava, peraltro, la sussistenza di una particolare situazione di tipo familiare tale da poter essere pregiudicata da un provvedimento siffatto.
Al contrario, i giudici del TAR Latina, il 23 Maggio di quest’anno, con sentenza n. 324, hanno accolto le ragioni del ricorrente in virtù del fatto che la valutazione posta in essere dal Questore, viziata da eccesso di potere, non avrebbe in alcun modo tenuto in considerazione elementi che pure possono ritenersi di non poco conto.
Secondo i giudici, infatti, la valutazione di pericolosità sociale dell’individuo non può essere effettuata in automatico e senza tenere in considerazione elementi di tipo temporale e comportamentale; atteso che il soggetto in questione, trasferitosi in Italia da circa un decennio, ha stabilmente lavorato ed ha qui costituito il suo nucleo familiare, è possibile così denotare il suo effettivo inserimento non soltanto nel tessuto sociale del nostro paese, ma anche nel contesto lavorativo di riferimento, risolvendosi dunque la situazione in una posizione del TAR sostanzialmente favorevole alla permanenza dello stesso nel territorio italiano anche in ragione della presenza di una minore che, in caso di allontanamento del soggetto dall’Italia, verrebbe ad essere privata della assistenza cui un padre è normalmente tenuto.