27 Aprile 2025
27 Aprile 2025

Il patto di prova può essere prorogato ma solo nei limiti massimi di legge e CCNL consentiti

A cura di Federico Fornaroli

La Corte di Appello di Venezia, mediante sentenza n. 806/2025, è stata chiamata ad affrontare un caso peculiare, concernente l’ammissibilità dell’intervenuta proroga (ossia, prima della scadenza previamente stabilita) di un patto di prova relativo ad un dirigente, che è stato poi cessato per mancato superamento della stessa.

In particolare, il giudice veneto ha stabilito la legittimità di quanto sopra, purché ciò avvenga su base consensuale e, comunque, nei limiti stabiliti dalla legge e/o contrattazione collettiva vigente.

Del resto, anche alla luce della pregressa giurisprudenza di legittimità (ex multis, Cass. Civ., Sez. Lav., nn. 3083/1992 e 9789/2020), il patto di prova soffre solamente del limite massimo di legge/contrattazione collettiva, nel cui ambito è ben possibile prevedere durate inferiori e/o concordare l’estensione di scadenze successivamente quanto originariamente pattuito al riguardo. Difatti, la tipica regola della contestualità o anteriorità della stipulazione di tale patto attiene esclusivamente al momento genetico della stipulazione del medesimo.

In altri termini, il solo vincolo inderogabile esistente in materia è quello del tetto dei 6 mesi di calendario.

Altresì, la corte veneziana ha significato che quanto precede non può annoverarsi fra i diritti indisponibili e, quindi, a quei trattamenti che abbisognano di un accordo in sede protetta, ai sensi dell’art. 2113 c.c., per la loro modifica. E ciò, “in quanto non sussistenza al momento dell’accordo sulla proroga alcun diritto alla stabilizzazione del rapporto, permanendo la situazione di libera recedibilità”, che tipicamente inerisce a detto istituto.

D’altronde, quanto suindicato deve intendersi e qualificarsi in un’ottica di miglior favore per il lavoratore interessato, poiché permette allo stesso di godere di un’ulteriore possibilità professionale, evitando che, invece, il datore di lavoro si trovi in una posizione di maggior dominio sul medesimo, sì da poter decidere unilateralmente e senza alternativa di recedere per mancato superamento del patto di prova ad nutum ex art. 2096, co. 3 c.c.

Per il ché, siamo di fronte ad un approccio maggiormente protettivo e favorevole per il lavoratore e, come tale, da reputarsi legittimo e applicabile, a condizione che tutti i suesposti requisiti siano integrati e presenti.

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