A cura di Pasquale La Selva
È possibile utilizzare le immagini presenti su Google Earth al fine di dimostrare lo stato di un immobile. I fotogrammi costituiscono prove documentali pienamente utilizzabili anche in sede penale, così come deciso dalla Cassazione Penale, Sez. III, 15 settembre 2017, n. 48178. Non è possibile inoltre chiedere il condono per gli immobili non ultimati alla data del 1° ottobre 1983.
La vicenda parte dal 2012 dall’impugnazione con ricorso principale, da parte di due ricorrenti, del provvedimento attraverso il quale il Comune di Catanzaro annullava la concessione edilizia in sanatoria ed il relativo certificato di agibilità, e dall’impugnazione con motivi aggiunti dell’ordinanza di divieto di prosecuzione dell’attività commerciale svolta nello stesso immobile.
Nel 2013 il Tribunale con ordinanza aveva disposto una verificazione ex art. 66 c.p.a., a cura della Regione Calabria, diretta ad accertare con precisione la data di costruzione dell’immobile in questione. L’ingegnere delegato del compito aveva dunque attestato che l’opera autorizzata con concessione edilizia in sanatoria annullata è stata realizzata successivamente alla presentazione della domanda di sanatoria stessa, e comunque successivamente all’anno 2001.
Dunque, con autonomo ricorso, uno dei due ricorrenti impugnava l’ordinanza dirigenziale con la quale il Comune di Catanzaro, a seguito dell’annullamento della concessione edilizia in sanatoria, gli intimava la demolizione, entro 90 giorni, del fabbricato di sua proprietà, e destinato ad attività commerciale.
Ciò di cui si dolevano i due ricorrenti, era che tali provvedimenti fossero viziati di: eccesso di potere per sviamento, dal momento in cui la P.A. avrebbe agito non nel perseguimento di un interesse pubblico, ma al solo fine di assecondare l’interesse di un privato cittadino, tra l’altro dipendente comunale, essendo un vigile urbano; violazione, sotto diversi profili, della l. 241/1990.
Il giudice amministrativo calabrese, ricostruendo la vicenda, ha riportato che nel 1987, uno dei due ricorrenti, aveva presentato al Comune di Catanzaro un’istanza di condono ai sensi della l. 47/1985, al fine di sanare l’immobile realizzato abusivamente. Il Comune ha dunque dapprima rilasciato la concessione edilizia in sanatoria nel 2008, che ha poi però annullato in autotutela nel novembre del 2012, a seguito di successivi accertamenti. Nel dicembre dello stesso anno è intervenuta poi l’ordinanza con la quale il Comune di Catanzaro aveva fatto divieto di proseguire l’attività commerciale svolta nell’immobile ad uno dei due ricorrenti – che nel frattempo aveva acquistato l’immobile – in quanto privo di titolo edilizio.
Poiché tale ordinanza è stata impugnata, il T.A.R. Calabria-Catanzaro ha ritenuto opportuno valutare la legittimità della precedente ordinanza di annullamento in autotutela della concessione in sanatoria e del certificato di agibilità.
A tal proposito, il Tribunale ha osservato che la domanda di condono presentata da uno dei ricorrenti, per poter essere accolta, deve avere ad oggetto un’opera ultimata, anche se abusiva, entro la data del 1° ottobre 1983, come prescritto all’art. 31 della L. 47/1985, con la precisazione che «si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente».
Appare semplice comprendere che per beneficiare del condono bisogna avere ad oggetto un immobile costruito entro la data del 1° ottobre 1983, dunque non lo si può applicare ad una costruzione effettuata soltanto nel 2001, tra l’altro di dimensione differente rispetto a quanto rappresentato in progetto, come documentato dalle aerofotogrammetrie acquisite presso l’Amministrazione e delle immagini presenti sul programma Google Earth, i cui fotogrammi costituiscono prove documentali pienamente utilizzabili anche in sede penale[1].
In tale fattispecie è pacifico il principio secondo cui, allorquando una concessione edilizia in sanatoria sia stata ottenuta in base ad una falsa o erronea rappresentazione della realtà materiale, è consentito alla P.A. esercitare il proprio potere in autotutela ritirando l’atto senza necessità di esternare alcun particolare interesse pubblico, ma che invece deve ritenersi sussistente in re ipsa[2].
[1] Cfr. Cass. Pen., Sez. III, 15 settembre 2017, n. 48178.
[2] Cfr. T.A.R. Campania-Napoli, Sez. VIII, 7 marzo 2018, n. 1458.