Di errori investigativi durante le indagini preliminari, ormai, si sente spesso parlare. Questi rappresentano un problema che non può essere sottovalutato, semplicemente perché l’effetto che producono si riverbera, inevitabilmente, nelle altre fasi del processo penale. Si pensi al gioco del domino: qualora la prima pedina dovesse cadere, questo porterebbe, inevitabilmente, alla cadute delle altre. Per questo motivo, è di fondamentale importanza una corretta conduzione delle indagini, ma spesso così non avviene.
Gli errori investigativi durante le indagini preliminari, di solito, vengono compiuti nella primissima fase, quella del c.d. sopralluogo giudiziario, svolto direttamente nella scena del crimine. La scena del crimine è quella in cui si è compiuto il fatto e, quindi, è la naturale depositaria di tracce, indizi e resti importanti per la ricostruzione della dinamica delittuosa.
Per capire quali tipi di errori possono essere svolti ab origine, ritengo utile riferirmi ad un famoso fatto di cronaca, il delitto di Perugia (Santoro C., Errori investigativi: le indagini tra teoria e realtà, in L’ora legale, 28 febbraio 2017).
- Innanzitutto, il coltello, valutato come l’arma del delitto, era solo uno dei tanti coltelli presenti nella casa di Sollecito e non c’è stata nessuna motivazione logica che ha portato alla scelta di quel determinato strumento. È vero che la ferita sul collo della Kercher era compatibile con un’arma mono tagliente, ma è anche vero che la lama del coltello “colpevole” era troppo lunga per dar vita ad una ferita così poco profonda.
- Inoltre, il gancetto del reggiseno, in un primo momento, non è stato ritenuto tanto utile da essere repertato. È stato repertato solo dopo 46 giorni, anche se si trovava in una posizione diversa. Anche se prima di essere fotografato è stato preso in mano dagli operatori di Polizia Scientifica.
Questi sono solo alcuni degli errori investigativi durante le indagini preliminari, nel caso sopra citato, che hanno portato la stessa Corte di Cassazione a parlare di “clamorose défaillance”, “amnesie’ investigative” e di “colpevoli omissioni di attività di indagine” (Redazione online, Delitto di Meredith, la Cassazione: ‹‹clamorose le défaillance›› Sollecito chiederà il risarcimento, in Corriere della sera, 7 settembre 2015). Altri errori che, in generale, possono essere compiuti sono, ad esempio, lo spostamento del cadavere, la mancanza della tuta o della copertura delle scarpe per la Polizia Scientifica, l’inserimento del reperto nell’errato contenitore, la mancata analisi di tutte le ferite (evidenti o meno evidenti) nel corpo del cadavere.
Gli errori investigativi durante le indagini preliminari possono anche essere di natura percettiva o cognitiva. Il Professor Saverio Fortunato, specialista in criminologia clinica, scrivendo di questo tema, ha parlato del ruolo dell’abitudine. Quando siamo abituati a vedere che due fatti (causa ed effetto) si verificano spesso insieme, siamo portati a pensare che, anche se si verifica solo uno dei due, necessariamente ci sia anche l’altro. L’esempio riportato dal professore riguarda la morte di un bambino. Dal momento che, di solito, il colpevole viene rinvenuto all’interno del nucleo familiare, si è subito portati a pensare che, necessariamente, il reo sia un membro della famiglia. Con ciò non si vuole dire che non sia probabile che l’imputato sarà un parente, ma solo che la probabilità non è scienza e che l’esperienza può aiutare, ma non fornire la risposta certa ed incontrovertibile (Fortunato S., Gli errori investigativi da evitare, in www.psicodetective.it, 22 agosto 2007).
Ma perché questi errori investigativi durante le indagini preliminari vengono commessi? In realtà, i motivi possono essere diversi.
- In primis, la volontà di trovare il colpevole. La fretta di concludere il caso, spesso, porta a trovare esattamente le conferme che stiamo cercando, facendo perdere di vista la verità dei fatti. È necessario condurre le indagini senza pregiudizi, con obiettività, senza coinvolgimento personale. Questo è l’unico modo per essere in grado di raccogliere tutti i dati, senza tralasciare quelli che si ritengono, per mero intuito, meno importanti.
- Non meno influente è il problema dei mass media. La rilevanza mediatica non giova alla ricerca della verità, ma all’accontentare l’allarmismo della opinione pubblica. Spesso, si cerca di arrivare al colpevole, dimenticandosi della vittima e, a volte, dei principi che sorreggono il processo penale.
In conclusione, è bene, per evitare errori investigativi durante le indagini preliminari, che gli operatori che intervengono sulla scena del crimine siano preparati e ben organizzati. È necessaria una buona preparazione giuridica, elasticità mentale e una grande esperienza. È essenziale non innamorarsi delle proprie ipotesi. Non da ultimo, è rilevante anche una buona coscienza investigativa: la preparazione è requisito necessario, ma l’intuito può aiutare a trovare la chiave del caso. Quello che spesso manca, infatti, è il semplice buon senso (La scena del crimine, in http://attiemodellidipoliziagiudiziaria.eu). Il rischio altrimenti è quello dell’” effetto domino”: dall’errore investigativo si passa facilmente all’errore giudiziario, dal quale scaturisce una sentenza di condanna per l’innocente o viceversa (Santoro C., Errori investigativi: le indagini tra teoria e realtà, in L’ora legale, 28 febbraio 2017). Quanto sopra descritto è, dunque, di fondamentale importanza, perché una volta contaminata la scena del crimine, le tracce e gli indizi andranno persi per sempre. E, assieme a loro, la ricostruzione della dinamica delittuosa e la soluzione del caso.