L’O.P.G. (Ospedale Psichiatrico Giudiziario) era una struttura detentiva che, a seguito della riforma penitenziaria del 1975, ha sostituito i manicomi criminali. Alla O.P.G. non venivano, però, destinati acriticamente tutti gli autori di reato. In generale, da un punto di vista strettamente giuridico, si trattava di soggetti ritenuti, da una perizia, incapaci di intendere e di volere al momento del fatto e per questo motivo prosciolti. In seguito a tale statuizione, quindi, a tali soggetti veniva applicata una misura di sicurezza detentiva perché considerati pericolosi socialmente. L’ O.P.G. aveva, quindi, una duplice funzione: di custodia, per la difesa sociale; e di cura e trattamento, per il reinserimento del soggetto nella società[1].
L’ O.P.G. ad un certo punto non soddisfaceva più le condizioni iniziali. Nel 2008, infatti, il CTP (Comitato europeo per la prevenzione della tortura) ha denunciato le condizioni di vita in cui versava l’O.P.G. di Anversa. Si parlava di reparti sprovvisti di mobilio, pessime condizioni igieniche, insufficienti dotazioni sia sanitarie per far fronte ai pazienti incontinenti e disumani mezzi di costrizione e isolamento; sono stati trovati pazienti legati al letto da giorni, sedati, senza alcuna assistenza medica[2]. Sorta questa nuova consapevolezza, era evidente la necessità di un cambiamento.
Il primo passo verso un cambiamento è stato il trasferimento delle competenze di medicina penitenziaria dal Ministero di Grazia e Giustizia a quello della Sanità. Il secondo tassello è stato rappresentato dall’introduzione delle R.E.M.S. (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza). Le R.E.M.S., introdotte con legge 17 febbraio 2012, n. 9, hanno costituito la risposta alle esigenze sopra esposte. A differenza degli O.P.G., l’unica funzione svolta in tali strutture avrebbero dovuto essere la gestione sanitaria dei pazienti. L’ultima tappa è rappresentata dalla legge 30 maggio 2014, n. 81, che ha prorogato allo scorso 31 marzo 2015 il termine per la chiusura definitiva degli O.P.G., con l’entrata in funzione delle R.E.M.S. Questa legge ha inoltre previsto l’applicazione della misura di sicurezza del ricovero in O.P.G. solo in via sussidiaria e residuale, qualora risulti inidonea qualsiasi altra misura.
Le R.E.M.S. hanno natura più prettamente medico- sanitaria. La logica che sta alla base di queste nuove strutture è quella riabilitativa: gli operatori sono medici, non carcerieri. Il loro scopo è quello di aiutare il paziente, curarlo, al fine di reintrodurlo nella società. Le R.E.M.S. oggi, infatti, assomigliano più a strutture sanitarie che alle carceri e alle prigioni[3]. Hanno, infine, messo fine all’ergastolo bianco. Se nelle O.P.G. non era previsto un termine massimo di durata della misura, con le R.E.M.S. la durata di una misura di sicurezza non può essere superiore al massimo edittale della pena prevista per il reato.
[1] http://digilander.libero.it/ilmaestrodisci/opg2.htm.
[2] FUGGIANO B., C’erano una volta gli O.P.G., adesso ci sono le R.E.M.S., in http://www.fattodiritto.it.
[3] GUARINO C., Rems, viaggio nelle strutture riabilitative per malati psichiatrici che hanno preso il posto degli Opg. Le sbarre ci sono ancora, in www.ilfattoquotidiano.it.