Cos’è il cyberstalking? Quale tutela giuridica?
Internet e i social media sono ormai una realtà così integrata nella società moderna da risultare essenziali, addirittura vitali. E difatti la vita di ciascun individuo ruota attorno a mail, post su Facebook, tweet, foto su Instagram, messaggistica istantanea. La loro impronta è evidente nello stile di vita dell’uomo moderno, nella sua impellente necessità di comunicare al mondo social ogni suo movimento o aspirazione, minuto per minuto, in una telecronaca perpetua della propria vita. L’uomo moderno è abituato a spiare e a farsi spiare, ad essere schiavo dell’opinione altrui, dei likes che riceve su Facebook, della popolarità su Instagram.
Ciò posto, era prevedibile che anche il mondo giuridico si sarebbe dovuto adeguare ai nuovi orizzonti aperti dalla tecnologia, e purtroppo non sempre positivi. Così come le tecniche e la qualità della comunicazione sono migliorate, anche i mezzi di reato si sono affinati, ‘sì che neppure le pareti di casa o le distanze fisiche sono un rifugio sicuro.
Sto parlando, nello specifico, del fenomeno noto come cyberstalking. Purtroppo, ad oggi, tale fattispecie criminosa – e, prima ancora, fenomeno sociale – non è molto nota, per lo più a causa del senso di “estraneità” che accompagna il mondo virtuale, inteso come una realtà che non può aver ripercussione alcuna sul mondo fisico trattandosi, per l’appunto, di un qualcosa non percepibile materialmente.
Eppure non è così.
La libertà personale si espande e si arricchisce di nuove connotazioni, accedendo ora anche ad una dimensione virtuale. Una maggiore profondità della libertà non significa solo più ampi spazi in cui dirigere lo sviluppo della personalità umana, ma anche nuovi luoghi in cui la stessa può essere frustrata, calpestata, violata.
L’espressione “cyberstalking” si compone delle parole “cyber” che richiama il mondo tecnologico (il termine risale al greco antico “κυβερνητικὴ”, cioè l’arte di reggere il timone della nave) e “stalking”, dall’inglese, che significa “avvicinarsi di soppiatto”, “braccare”. Il cyberstalking è, allora, lo stalking tramite Internet e consiste in persecuzioni o molestie di persone, gruppi o organizzazioni attuati attraverso strumenti informatici, che possono sfociare in false accuse, furti di identità, distruzione o manipolazione di dati informatici, monitoraggio, minacce.
I cyberstalkers operano per lo più nell’anonimato – e per questo difficilmente identificabili – e agiscono tramite messaggi di posta elettronica, messaggistica istantanea, telefonate, social networks o altri strumenti di comunicazione in modo ossessivo e molesto, ingenerando nella vittima un costante stato di ansia e timore. Ma non solo. Spesso ricorrono a software spyware per spiare le vittime, si introducono nel loro sistema informatico attraverso i c.d. trojan horses assumendone il controllo o lo danneggiano con virus.
Insomma, varie possono essere le modalità di azione di un cyberstalker. La domanda spontanea è, a questo punto, la seguente: quale tutela giuridica?
Di recente (decreto Maroni 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modifiche in legge 23 aprile 2008, n. 38) è stato introdotto nel nostro ordinamento il reato di “atti persecutori” o “stalking” (art. 612 bis c.p.), modificato parzialmente nel 2013 (con d.l. n. 93, poi convertito in legge 111/2013). Configura il reato di “atti persecutori” o “stalking” il comportamento di chi “con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”, sempre che il fatto non costituisca un più grave reato.
L’art. 612 bis c.p. non disciplina espressamente il reato di cyberstalking, sicché il problema è la sua riconduzione al reato di stalking, stante la maggiore difficoltà di individuare gli elementi costitutivi del reato proprio a causa della variegata natura dei comportamenti assunti dal cyberstalker e, soprattutto, di rintracciare l’autore del reato.
Alla carenza legislativa ha sopperito la giurisprudenza. In più di un caso la Corte di Cassazione, infatti, ha ricondotto episodi di persecuzione e minacce attuati attraverso strumenti informativi al reato di stalking (cfr. per tutte sent. Cass. n. 36894/2015). Lo stesso articolo 612 bis c.p., d’altra parte, aumenta la pena se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
Ad ogni modo, per quanto gli interventi della Suprema Corte stiano spianando la strada al reato cyberstalking, inteso come una ipotesi di stalking, di cui condivide così gli stessi estremi, è innegabile che un intervento del legislatore volto ad introdurre una fattispecie specifica di reato assicurerebbe una maggior tutela delle vittime.