26 Marzo 2025
26 Marzo 2025

Cass. Pen., Sez. VI, 8 gennaio 2021, n. 442 sulla nuova formulazione dell’abuso d’ufficio

Cass. Civ., Sezioni Unite, 16 febbraio 2022, n. 5049

La massima.

La Corte di Cassazione esclude la responsabilità penale dell’imputato, con riferimento al nuovo reato di abuso in atti d’ufficio, a fronte dell’assenza della violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità” (Cass. Pen., Sez. VI, 08.01.21, n. 442).

Il caso.

La pronuncia origina dal ricorso per cassazione presentato dal difensore dell’imputato contro la sentenza della Corte d’Appello di Cagliari la quale aveva confermato la decisione del Tribunale del medesimo capoluogo che aveva condannato l’imputato alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione, oltre l’interdizione dai pubblici uffici per la medesima durata per il reato di cui agli artt. 81 e 323 c.p..

Il gravame si fondava, quanto al primo motivo, sulla violazione di legge con riferimento al requisito previsto dall’art. 323 c.p., violazione di legge o di regolamento,  il secondo concerneva la violazione di legge e del vizio di motivazione con riferimento al requisito dell’ingiustizia del danno e il terzo riguardava la violazione dell’art. 159, c. 1, n. 3, c.p. quanto alla mancata declaratoria di estinzione del reato per prescrizione fin dal 22 agosto 2019.

La motivazione.

La Corte di Cassazione, nella motivazione, afferma preliminarmente che il reato contestato risulta pacificamente prescritto.

I giudici di legittimità si soffermano successivamente sulla recente formulazione dell’art. 323 c.p., a seguito della novella introdotta dal D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120, che ha modificato il reato di abuso di ufficio.

Orbene la nuova formulazione pretende che la condotta produttiva di responsabilità penale del pubblico funzionario sia connotata, nel concreto svolgimento delle funzioni o del servizio, dalla violazione di regole cogenti per l’azione amministrativa, che per un verso siano fissate dalla legge e per altro verso siano specificamente disegnate in termini completi e puntuali. 
Ne è dipeso, così, un ambito applicativo ben più ristretto rispetto a quello definito con la previgente definizione della modalità di condotta punibile, che sottrae al giudice sia l’apprezzamento dell’inosservanza di principi generali o di fonti normative di tipo regolamentare, sia il sindacato del mero cattivo uso della discrezionalità amministrativa.

La modificata fattispecie dell’abuso di ufficio, restringendone l’ambito di operatività con riguardo al diverso atteggiarsi delle modalità della condotta, determina all’evidenza serie questioni di diritto intertemporale.

Per la Suprema Corte si realizza quindi un’abolitio criminis in relazione ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della riforma che non siano più riconducibili alla nuova versione dell’art. 323 c.p., in quanto realizzati mediante violazione di norme regolamentari o di norme di legge generali e astratte, dalle quali non siano ricavabili regole di condotta specifiche ed espresse o che comunque lascino residuare margini di discrezionalità.

La Corte di Cassazione ha annulla la sentenza impugnata, nonché quella emessa dal Tribunale di Cagliari, perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.

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