La massima.
“Integra il reato di cui all’art. 340 c.p. la condotta che, pur non determinando l’interruzione o il turbamento del pubblico servizio inteso nella sua totalità, comporta comunque la compromissione del regolare svolgimento di una parte di esso” (Cass. pen., sez. VI, 19.05.21, n. 19853).
Il caso.
La pronuncia in esame origina dal ricorso presentato dal difensore dell’imputato contro la sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la pronuncia di primo grado con la quale il Tribunale di Taranto aveva condannato l’imputato in relazione ai reati di cui all’art. 61, c.1, n.10, art. 612 c.p. e art. 340, c.1, c.p., per avere cagionato l’interruzione e comunque turbato la regolarità del servizio pubblico di Pronto Soccorso aggredendo verbalmente e minacciando violenza fisica ad una dottoressa e agli infermieri, impedendo di fatto, per un rilevante intervallo, al personale sanitario di turno di assicurare all’utenza il servizio di pronto soccorso.
Il gravame si basava sulla violazione di legge e il vizio di motivazione.
La motivazione.
In via preliminare la Corte di Cassazione ritiene il ricorso presentato inammissibile in quanto: “Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale è inammissibile il ricorso per cassazione i cui motivi si limitino a lamentare l’omessa o illogica valutazione, da parte del giudice d’appello, delle censure articolate con il relativo atto di gravame, replicando – come nella fattispecie è accaduto – il contenuto di quelle censure senza indicare specificamente le questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità, dunque senza realmente confrontarsi con le ragioni n fatto e in diritto che sono state esplicitate nella motivazione del provvedimento gravato (in questo senso, tra le tante, Sez. 3, n. 35964 del 04/11/2014, dep. 2015, B., Rv. 264879)”.
Per quanto attiene gli elementi essenziali del reato contestato i giudici di legittimità sono chiari nell’affermare che: “Integra il reato di cui all’art. 340 c.p. la condotta che, pur non determinando l’interruzione o il turbamento del pubblico servizio inteso nella sua totalità, comporta comunque la compromissione del regolare svolgimento di una parte di esso (così, tra le tante, Sez. 6, Sentenza n. 1334 del 12/12/2018, dep. 2019, Carannante, Rv. 274836)”.
La Suprema corte ha ritenuto inoltre non concedibili le circostanze attenuanti generiche sulla base dei precedenti penali dell’imputato nonché per avere manifestato una intensa volontà delittuosa, cagionando una lesione dell’interesse giuridico protetto di non modesta gravità.
La Corte di Cassazione ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
La sentenza è qui disponibile Cass. pen., sez. VI, 19.05.21, n. 19853