8 Luglio 2025
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Cass. Pen., Sez. V, 9 Novembre 2020, n. 31263 in tema di diffamazione e diritto di critica.

Cass. Civ., Sezioni Unite, 16 febbraio 2022, n. 5049

La massima.

Non è configurabile l’esimente del diritto di critica politica quando l’autore delle dichiarazioni attribuisca a taluno il sospetto di mafiosità senza alcun appiglio oggettivo, attuando un travisamento o una manipolazione dei fatti storici che ne determina una distorsione inaccettabile rispetto all’intento informativo dell’opinione pubblica che è alla base del riconoscimento dell’esimente, la quale radica le proprie basi ispiratrici nel consolidato principio che in democrazia a maggiori poteri corrispondono maggiori responsabilità e l’assoggettamento al controllo da parte dei cittadini, esercitabile anche attraverso il diritto di critica, purchè tale critica essa non sia avulsa da un necessario nucleo di verità e non trascenda in attacchi personali, finalizzati ad aggredire la sfera morale altrui.” (Cass. Pen., Sez. V, 9/11/2020, n.31263).

Il caso.

La Corte d’Appello di Bari confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Trani, con la quale gli imputati venivano condannati per il reato di diffamazione, ritenute le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante di cui al terzo comma dell’art. 595 c.p.

Il caso origina dalla pubblicazione di un articolo, a firma degli imputati, sulla Gazzetta del Mezzogiorno, il quale veniva ritenuto diffamatorio. In particolare, i ricorrenti attaccavano il Sindaco della loro città ed il suo operato attraverso una serie di espressioni, tra le quali “la cosa nostra della politichetta locale”, accusandolo di aver fornito ad amici e parenti incarichi di rilievo provinciale, nonché la gestione di asili nido; ed ancora, affermando che il medesimo avrebbe tenuto comizi non permessi ed in violazione delle prescrizioni comunali, in quanto “(…) lui è al di sopra delle regole, è cosa sua”.

Avverso la sentenza d’appello proponevano ricorso gli imputati lamentando principalmente il mancato riconoscimento della scriminante del diritto di critica, di cui all’art. 51 c.p. La frase ritenuta diffamatoria, secondo i ricorrenti, rappresentava in realtà una mera critica all’operato del primo cittadino, reo di aver gestito i pubblici poteri in modo clientelare e familistico; circostanza confermata dalle assunzioni di parenti ed amici del Sindaco nello staff provinciale e nella concessione ai medesimi della gestione indiretta degli asili nido.

La motivazione.

La pronuncia in esame ripercorre l’orientamento giurisprudenziale in tema di diritto di critica politica, tale per cui ai fini del riconoscimento di tale esimente all’interno di pubblicazioni a mezzo stampa, non può prescindersi dal requisito della verità del fatto storico posto a fondamento della elaborazione critica; sicchè l’esimente non sarebbe applicabile qualora l’agente manipoli le notizie o le rappresenti in modo incompleto, in maniera tale che, per quanto il risultato complessivo contenga un nucleo di verità, ne risulti stravolto il fatto, inteso come accadimento di vita puntualmente determinato (cfr. ex plurimis Cass. Pen., Sez. IV, n. 7798 del 27/11/2018).

Ed ancora, secondo gli Ermellini, l’esimente del diritto di critica sarebbe configurabile quando il discorso giornalistico abbia un contenuto prevalentemente valutativo e si sviluppi nell’alveo di una polemica intensa e dichiarata su temi di rilevanza sociale, senza tuttavia mai trascendere in meri attacchi personali.

Così richiamate le coordinate ermeneutiche sul punto, i Giudici osservano come nel caso di specie non vi siano le condizioni necessarie all’applicabilità della scriminante di cui all’art. 51 c.p.

Ciò in quanto, secondo la Corte, nell’articolo degli imputati vi è stata un’inaccettabile manipolazione di una vicenda storica che i ricorrenti ritenevano certamente inopportuna, ma di cui loro stessi escludevano l’illiceità nel ricorso (l’assunzione di amici e parenti del sindaco nello staff provinciale e in asili), vicenda che veniva capziosamente evocata come modo consuetudinario di procedere alla gestione della cosa pubblica da parte della persona offesa.

La sentenza in commento definisce il tenore dell’articolo come espressione di un attacco virulento e privo di fondamento di verità, in particolare per le asserzioni riferite ad una gestione illecita e addirittura “mafiosa” dell’amministrazione comunale da parte della persona offesa, che non risulta essere stato sottoposto a procedimenti penali di sorta. Per i Giudici ciò travalica senza dubbio i confini dell’esimente del diritto di critica, sia pure quelli più ampi che vengono riconosciuti alla critica politica.

I ricorsi, ordunque, vengono dichiarati inammissibili.

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