19 Marzo 2025
19 Marzo 2025

Cass. Pen., Sez. V, 7 aprile 2021, n. 13067 in tema di maltrattamenti in famiglia e abuso dei mezzi di correzione

Cass. Civ., Sezioni Unite, 16 febbraio 2022, n. 5049

La massima

“In presenza di maltrattamenti, ossia di una pluralità di atti che determinano sofferenze fisiche o morali realizzati in momenti successivi, la coscienza e volontà di persistere in un’attività vessatoria non è esclusa dall’intenzione dell’agente di agire per finalità educative e correttive” (Cass.pen., sez. V, 07.04.21, n. 13067).

Il caso

La pronuncia origina dal ricorso presentato dal difensore dell’imputato contro la sentenza della Corte d’Appello che aveva, in parziale riforma della decisione di primo grado, assolto il medesimo dal delitto di maltrattamenti in famiglia e  confermato la decisione quanto alla affermazione di responsabilità  per il reato di maltrattamenti in danno della figlia minore e di lesioni, con prognosi di ventuno giorni, in danno della stessa minore rideterminando la pena in due anni e tre mesi di reclusione. Il gravame si basava  sulla violazione ed erronea applicazione degli artt. 576, c. 1, n. 1, 582 e 585 c.p., nonché sula sussistenza di vizi motivazionali e sulla  violazione ed erronea applicazione degli artt. 62-bis e 133 c.p..

La motivazione

La Corte di Cassazione nella motivazione si sofferma in particolare sul delitto di maltrattamenti in famiglia ex art. 572 c.p. ed il rapporto con la volontà educativa del soggetto agente.

In particolare i giudici di legittimità rilevano che: “In presenza di maltrattamenti, ossia di una pluralità di atti che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi, collegati da un nesso di abitualità ed avvinti nel loro svolgimento da un’unica intenzione criminosa di ledere l’integrità fisica o morale del soggetto passivo infliggendogli abitualmente tali sofferenze, la coscienza e volontà di persistere in un’attività vessatoria, già posta in essere in precedenza non è esclusa dall’intenzione dell’agente di agire per finalità educative e correttive”. Non può quindi ritenersi configurato il meno grave delitto di cui all’art. 571 c.p. non potendo includersi, tra i mezzi di correzione, atteggiamenti lesivi o afflittivi del minore.

Dal punto di vista processuale, in merito al diniego delle circostanze attenuanti generiche, è interessante rilevare come la Suprema Corte rilevi che: “non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione”.

La Corte di Cassazione ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.

 

La sentenza è in fase di oscuramento.

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