La massima
“Il conducente è tenuto a controllare, prima di iniziare o proseguire la marcia, che questa avvenga in conformità delle normali regole di prudenza e di sicurezza, esigendo che il passeggero indossi la cintura di sicurezza fino a rifiutarne, in caso di sua renitenza, il trasporto o ad omettere l’intrapresa della marcia” (Cass. pen., sez. IV, 11.03.21, n. 9760).
Il caso
La pronuncia in esame origina dal ricorso presentato dal difensore dell’imputato contro la pronuncia della Corte d’Appello che aveva parzialmente modificato la sentenza di primo grado riconoscendo all’imputato l’attenuante di cui all’art. 589-bis, c. 7, c.p. confermando nel resto la condanna per il delitto di omicidio stradale ex art. 589-bis c.p..
Il motivo di gravame si basava sul vizio di motivazione in relazione alla erronea valutazione del nesso causale; la Corte d’Appello avrebbe infatti omesso di valutare come concausa dell’evento morte la circostanza che la vittima non indossava la cintura di sicurezza.
La motivazione
In via preliminare la Corte di Cassazione afferma che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto generico ed anche manifestamente infondato.
La Suprema Corte rileva che il conducente nonché imputato guidasse in stato psicofisico alterato dall’uso di sostanza stupefacente, di tipo cocaina, ed in contemporaneo stato di ebrezza e che quindi abbia palesemente violato le normali regole cautelari.
Inoltre, cose ben più incisiva, i giudici di legittimità rilevano che grava sul conducente il verificare, prima di iniziare la marcia del veicolo, che siano rispettate le normali regole di prudenza e di sicurezza: “esigendo che il passeggero indossi la cintura di sicurezza fino a rifiutarne, in caso di sua renitenza, il trasporto o ad omettere l’intrapresa della marcia”.
Il mero fatto che la persona offesa si sia rifiutata di fare uso della cintura di sicurezza non è circostanza interruttiva del nesso causale, ma vale solamente per l’applicazione dell’attenuante prevista dall’art. 589-bis, c.7, c.p., che prevede una diminuzione di pena nel caso in cui l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole.
La Corte di Cassazione ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Scarica qui la sentenza: Cass.pen., sez. IV, 11.03.21, n. 9760