18 Aprile 2025
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Cass. Pen., Sez. III, 12 aprile 2023, n. 15248 sulla prova del dissenso della persona offesa nel reato di violenza sessuale

Cass. Civ., Sezioni Unite, 16 febbraio 2022, n. 5049

Massima
Il giudice d’appello, in caso di riforma in senso assolutorio della sentenza di condanna di primo grado, sulla base di una diversa valutazione del medesimo compendio probatorio, è tenuto a strutturare la motivazione della propria decisione in maniera rafforzata, dando puntuale ragione delle difformi conclusioni assunte (Cass. pen., sez. III, 12 aprile 2023, n. 15248).

Il caso
La sentenza origina dal ricorso per cassazione presentato dal Procuratore Generale della Corte d’Appello di Torino contro la sentenza emessa dalla Corte della medesima città.
Il gravame si basava sul vizio di contraddittorietà e illogicità della motivazione, in quanto non risulterebbe provata, difformemente da quanto sostenuto dai giudici di appello, la mancanza di dissenso da parte della ritenuta persona offesa.
Sarebbe quindi altresì illogica la motivazione della sentenza nella parte in cui esclude la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, pur in presenza di chiare manifestazioni di dissenso. Sarebbe illogica, inoltre, la motivazione nella parte in cui rileva l’esistenza di un tacito consenso nelle circostanze per cui la persona offesa si sarebbe recata in bagno dimenticando la porta socchiusa e chiedendo all’imputato di consegnarle dei fazzoletti, mantenendo socchiusa la porta.

La sentenza
Nell’esaminare il ricorso, la Suprema corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza della Corte d’Appello sia illogica nella misura in cui non solo si ricava un sostanziale invito al rapporto sessuale da circostanze, quali la porta socchiusa del bagno e la richiesta di consegna di fazzoletti per asciugarsi, certamente in sé logicamente lontane da un tale significato, ma anche perché, alfine, si sostiene che l’imputato avrebbe avuto la consapevolezza di avere equivocato la volontà della giovane: circostanza, questa, che presuppone un dissenso all’atto sessuale, rispetto al quale la corte non si misura, né nell’illustrare quando esso intervenne e in che termini, né tantomeno nello spiegare come esso possa essere superato sul piano dell’elemento psicologico del reato.
Non è poi sufficiente l’affermazione per cui la donna non avrebbe saputo gestire l’invito – che, evidenziano i giudici, non è logicamente desumibile da una mera porta socchiusa e da una richiesta di consegna di fazzolettini -, tantomeno da parte di una persona che la corte stessa ritiene in stato di alterazione alcolica.
Inoltre, in caso di riforma, in senso assolutorio, della sentenza di condanna di primo grado, sulla base di una diversa valutazione del medesimo compendio probatorio, pur non essendo obbligato alla rinnovazione della istruttoria dibattimentale, è tenuto a strutturare la motivazione della propria decisione in maniera rafforzata, dando puntuale ragione delle difformi conclusioni assunte.
La Corte di cassazione ha quindi annullato la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino.

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