La massima.
“I palpeggiamenti sui glutei, effettuati anche a fini ludici o di scherzo, possono integrare il reato di violenza sessuale ex art. 609-bis c.p.” (Cass. pen., sez. III, 09.04.21, n. 13278).
Il caso.
La pronuncia in esame origina dai ricorsi presentati dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Modena e dal Procuratore Generale presso la Corte di appello di Bologna contro la sentenza della Corte d’Appello che, in riforma della sentenza del Tribunale di Modena, aveva assolto l’imputato dai delitti di cui agli artt. 572 e 609-bis, c. 3, c.p..
I motivi di gravame si basavano sulla violazione dell’art. 606, c. 1, lett. b) c.p.p., in relazione all’art. 609-bis, c. 3, c.p. nonché sul vizio di motivazione e travisamento della prova.
La motivazione.
In via preliminare la Corte di Cassazione ritiene inammissibile il ricorso del procuratore della Repubblica in quanto proposto fuori dalle ipotesi dall’art. 608, cc 2 e 4 c.p.p..
Nel ricostruire la vicenda, che si colloca all’interno di una relazione extraconiugale, la Corte di Cassazione analizza i presupposti che sono alla base del reato di cui all’art. 609-bis c.p..
Sotto un primo aspetto si evidenzia che: “La libertà sessuale, quale espressione della personalità dell’individuo, trova la sua più alta forma di tutela nella proclamazione della inviolabilità assoluta dei diritti dell’uomo, riconosciuti e garantiti dalla Repubblica in ogni formazione sociale (art. 2 Cost.), e nella promozione del pieno sviluppo della persona che la Repubblica assume come compito primario (art. 3 Cost., comma 2).
La libertà di disporre del proprio corpo a fini sessuali è assoluta e incondizionata e non incontra limiti nelle diverse intenzioni che l’altra persona possa essersi prefissa”.
Per quanto poi attiene al profilo dell’elemento soggettivo la Suprema corte rileva che: “In altri termini, l’elemento soggettivo del reato di violenza sessuale è integrato dal dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della persona offesa non consenziente, sicché non è necessario che detto atto sia diretto al soddisfacimento dei desideri dell’agente, né rilevano possibili fini ulteriori – di concupiscenza, di gioco, di mera violenza fisica o di umiliazione morale – dal medesimo perseguiti”.
Ritiene quindi la Corte che a nulla rileva, così come evidenziato dalla Corte d’Appello, che l’imputato abbia agito per scherzo in quanto tale circostanza attiene solamente la movente lasciando impregiudicati gli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 609-bis c.p..
La Corte di Cassazione ha quindi annullato la sentenza con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
La sentenza è in fase di oscuramento