La massima.
“Deve essere rimessa alle Sezioni Unite il seguente quesito: in presenza di un provvedimento di unificazione di pene concorrenti che comprenda anche una condanna per reato ostativo alla concessione dei benefici penitenziari, ai fini dello scioglimento del cumulo, la pena relativa al reato ostativo vada considerata nelle sua entità originaria senza operare alcuna riduzione, ovvero se, nella predetta circostanza, il giudice debba individuare il titolo di reato effettivamente in espiazione” (Cass. Pen., Sez. I, 30.06. 2022, n. 25005).
Il caso.
L’ordinanza di rimessione origina dal ricorso per cassazione presentato dal difensore del condannato contro il provvedimento emesso dal Tribunale di Sorveglianza che aveva dichiarato inammissibile la domanda tendente a ottenere la concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale, in relazione alla pena residua di cui al provvedimento di cumulo emesso dalla Procura generale della Repubblica.
Il gravame si basava sulla violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), c.p.p., , in relazione all’art. 78 c.p., violazione dell’art. 6 CEDU, 3, 4, 24, 27 e 111 Cost., omessa considerazione del provvedimento di scissione del cumulo col sistema della riduzione proporzionale effettuato dal Magistrato di sorveglianza e del successivo provvedimento di ammissione ai colloqui previsti per il regime di media sicurezza, con conseguente violazione dei principi di progressione trattamentale e di rieducazione della pena, totale mancanza di motivazione in relazione alla memoria difensiva e alla documentazione prodotta, totalmente bypassata e, infine, richiesta subordinata di trasmissione degli atti alle Sezioni Unite per dirimere il contrasto giurisprudenziale esistente.
la motivazione.
In via preliminare la Suprema Corte rileva la presenza di due orientamenti tra loro contrastanti in giurisprudenza.
Un primo affermava che: “In presenza di un provvedimento di unificazione di pene concorrenti che comprenda anche una condanna per reato ostativo alla concessione dei benefici penitenziari (nella specie, permesso-premio), ai fini dello scioglimento del cumulo, la pena relativa al reato ostativo va considerata nella sua entità originaria senza operare alcuna riduzione in conseguenza dell’eventuale applicazione del criterio moderatore di cui all’art. 78 c.p. determinata dal superamento della soglia massima di anni trenta di pena detentiva” (Cass. Pen., Sez. I, 26.03.2019, n. 18239).
Con tale pronuncia la Corte ha richiamato il principio secondo cui una volta operato lo scioglimento del cumulo delle pene concorrenti, allo scopo di verificare se il condannato abbia espiato la pena per i reati ostativi al godimento dei benefici penitenziari, non si può tenere conto della riduzione di pena derivante dall’applicazione del criterio moderatore previsto dall’art. 78 c.p.-
L’ordinamento contrario invece riteneva che: “In presenza di un provvedimento di unificazione di pene temporanee concorrenti, che comprenda anche una condanna per reato ostativo alla concessione di benefici penitenziari (nella specie, permesso premio), ai fini dello scioglimento del cumulo, è necessario individuare il titolo di reato effettivamente in espiazione, valutando mediante un’operazione algebrica in che proporzione il criterio moderatore di cui all’art. 78 c.p. abbia inciso sulla pena complessiva risultante dal cumulo materiale, così da applicare la percentuale ottenuta su ciascun reato, e imputando la frazione già espiata all’esecuzione dei reati ostativi” (Cass. Pen., Sez. I, 08.03.2019, n. 35794).
In tal senso quindi il rischio di una irragionevole diversità di trattamento in sede esecutiva è stato evidenziato anche dalla Corte costituzionale (361/1994) che aveva posto a base della propria decisione il rilievo che, diversamente da quanto affermato in talune sentenze della Cassazione, non si rinvengono dati normativi per sostenere che la nuova disciplina recata dall’art. 4-bis O.P. abbia creato una sorta di status di detenuto pericoloso che permei di sé l’intero rapporto esecutivo a prescindere dal titolo specifico di condanna. Al contrario, proprio l’articolazione della disciplina sulle misure alternative, in termini diversi in relazione alla tipologia dei reati per i quali è stata pronunciata condanna la cui pena è in esecuzione, impone di valorizzare il tradizionale insegnamento giurisprudenziale della necessità dello scioglimento del cumulo in presenza di istituti che, ai fini della loro applicabilità, richiedano la separata considerazione dei titoli di condanna e delle relative pene.
Tale orientamento infine sosteneva che quando sia stato applicato al cumulo materiale delle pene il criterio moderatore dell’art. 78 c.p., è necessario mediante una operazione algebrica valutare in che proporzione detto criterio abbia inciso sulla pena complessiva risultante dal cumulo materiale, così da applicare la percentuale ottenuta sui reati ostativi e su quelli non ostativi, fermo restando che nel caso di cumulo materiale di pene concorrenti, deve intendersi scontata per prima quella più gravosa per il reo, con la conseguenza che, ove si debba espiare una pena inflitta anche per un reato ostativo alla fruizione di benefici penitenziari, la pena espiata va imputata innanzi tutto a essa.
La Corte ha quindi rimesso la questione alle Sezioni Unite per dirimere la controversia.
L’ordinanza è qui disponibile Cass. Pen., Sez. I, 30.06. 2022, n. 25005