27 Marzo 2025
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Cass. Pen., Sez. I, 17 marzo 2021, n. 10373 sui maltrattamenti in famiglia e la sospensione dell’ordine di esecuzione

Cass. Civ., Sezioni Unite, 16 febbraio 2022, n. 5049

Nota a sentenza: Cass. Pen., Sez. I, 17 marzo 2021, n. 10373

La massima.

In tema di sospensione dell’ordine di esecuzione di pene detentive, anche a seguito della modifica dell’art. 572 c.p., comma 2, introdotta dalla L. 19 luglio 2019, n. 69, art. 9, che ha trasformato l’ipotesi in circostanza aggravante ad effetto speciale, la commissione del reato in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge stessa costituisce titolo ostativo alla sospensione, già previsto come tale dall’art. 656, comma 9 lett. a), il cui testo è rimasto sempre immutato”. (Cass. pen., sez. I, 17.03.21, n. 10373).

Il caso.

La pronuncia in esame origina dal ricorso presentato dal difensore dei condannati contro l’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari, in veste di giudice dell’esecuzione, che aveva rigettato l’istanza volta ad ottenere la sospensione dell’esecuzione dell’ordine di carcerazione in quanto entrambi i soggetti erano stati condannati per violazione dell’art. 572, c. 2, c.p..
Il motivo di gravame si basava sulla violazione di legge in relazione all’art. 656, c. 9, c.p.p., manifesta illogicità della motivazione ed erronea interpretazione della sentenza emessa nel processo di cognizione

La motivazione.

In via preliminare la Corte di Cassazione richiama il dato normativo sulla sospensione, rectius sulle cause ostative alla sospensione dell’ordine di esecuzione, evidenziando in particolare le varie riforme che si sono succedute nel tempo e che hanno modificato  cl’art. 572 c.p..
La principale, ad opera dell’art. 9 L. 19 luglio 2019, n. 69 (c.d. codice rosso), ha difatti inserito nell’art. 572 c.p. la condotta commessa in danno o in presenza di soggetti minori d’età.
La Suprema Corte rileva sul punto che: “Il rinnovato inserimento dell’art. 572 c.p., comma 2 nella sua formulazione vigente per effetto dell’entrata in vigore della L. 19 luglio 2019, n. 69, art. 9, comma 2, lett. a), pur essendo accompagnata dalla trasformazione dell’elemento aggravatore, che al momento consente di incrementare gli effetti punitivi a carico del responsabile quale circostanza a effetto speciale e non più, come in precedenza, quale circostanza ad effetto comune, non ha incidenza sulla disciplina della sospensione dell’esecuzione”.
Orbene il collegio giudicante, pur richiamando quanto già espresso dalla sentenza della Corte Costituzionale (32/20) in tema di norme incidenti sul trattamento sanzionatorio, ritiene non condivisibile i principi dettati poiché  nel caso specifico: “la regolamentazione della sospensione dell’ordine di carcerazione non ha subito mutamenti quanto all’inserimento tra i delitti ostativi anche della fattispecie di cui all’art. 572 c.p., comma 2, che è sempre stata mantenuta costante nel tempo anche a fronte della considerata successione dei testi normativi”.
La Corte ha quindi ritenuto che il divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione non possa essere considerato, con riferimento all’art. 572 c.p.,  trattamento peggiorativo, non sussistendo quindi alcuna violazione dell’art. 25, c. 2, Cost, e dettando contemporaneamente il seguente principio:” In tema di sospensione dell’ordine di esecuzione di pene detentive, anche a seguito della modifica dell’art. 572 c.p., comma 2, introdotta dalla L. 19 luglio 2019, n. 69, art. 9, che ha trasformato l’ipotesi in circostanza aggravante ad effetto speciale, la commissione del reato in epoca antecedente l’entrata in vigore della legge stessa costituisce titolo ostativo alla sospensione, già previsto come tale dall’art. 656, comma 9 lett. a), il cui testo è rimasto sempre immutato”.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La sentenza risulta in fase di oscuramento

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