La massima
“In tema di acquisto di generi alimentari di lusso, i detenuti al regime 41-bis O.P. hanno un potere di spesa sensibilmente più limitato rispetto ai detenuti comuni, tale appunto da prevenire il rischio di esibizione di potere sugli altri reclusi” (Cass. Pen., Sez. I, 08.08.2022, n. 30786).
Il caso
La pronuncia in esame origina dal ricorso per cassazione presentato dal Ministero della Giustizia per tramite dell’Avvocatura di Stato avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di sorveglianza che aveva respinto il reclamo proposto dall’Amministrazione penitenziaria in relazione alla ordinanza emessa dal Magistrato di sorveglianza che aveva accolto il reclamo presentato, ex art. 35-bis O.P., dal condannato sottoposto al regime speciale di cui all’art. 41- bis O.P., avente ad oggetto il mancato inserimento nel modello 72 di una serie di prodotti alimentari consentiti, invece, ai detenuti non sottoposti al regime differenziato e la previsione di determinate fasce orarie in cui ai detenuti sottoposti al predetto regime penitenziario era consentito cucinare. Il gravame si basava, quanto al primo motivo, sull’inosservanza o erronea applicazione degli artt. 35-bis, 41-bis, 69, comma 6, lett. b), O.P., mentre con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione al richiamo dell’art. 3 Cost. operato dal Collegio.
La soluzione
Nell’accogliere parzialmente il ricorso, la Corte di cassazione effettua una disamina degli artt. 35 e 69, comma 6, lett. B) O.P.; tali norme consentono la tutela davanti al Magistrato di sorveglianza delle posizioni giuridiche soggettive qualificabili in termini di «diritto», incise da condotte dell’Amministrazione di inosservanza di disposizioni previste dalla legge penitenziaria e dal relativo regolamento, dalle quali derivi al detenuto o all’internato un attuale e grave pregiudizio.
Dunque, il presupposto essenziale per l’attivazione del rimedio risarcitorio è costituito dall’esistenza, in capo al detenuto, di una posizione giuridica soggettiva che l’art. 69 O.P. qualifica come diritto.
Sul punto costituisce ormai ius receptum che, dalla condizione detentiva, non possano non derivare limitazioni anche significative alla sfera dei diritti soggettivi dei ristretti, assunte a partire dall’adozione di provvedimenti organizzativi dell’Amministrazione penitenziaria, volti a disciplinare la vita negli istituti, garantendo l’ordine e la sicurezza interna e, con essi, l’irrinunciabile principio del trattamento rieducativo. Dette misure, ove adottate nel rispetto dei fondamentali canoni di ragionevolezza e proporzionalità, incidono legittimamente sulla originaria posizione soggettiva, degradandola a mero interesse legittimo.
La Corte, affrontando quindi la questione inerente alla cottura di cibi in determinate fasce orarie, afferma che: “Il divieto di cottura dei cibi in determinate fasce orarie è legittimo a condizione che riguardi tutti i detenuti e non solo quelli sottoposti al regime detentivo di cui all’art. ord. pen., risolvendosi, in tal caso, in un’ingiustificata differenziazione del regime penitenziario tale da assumere, in concreto, un carattere sostanzialmente vessatorio. (Conf. n. 4031 del 2021, n. 7192 del 2021, n. 7193 del 2021 e n. 7194 del 2021) (Sez. 1, nr. 4030 del 04/12/2020 Cc. (dep. 2021) Ministero della Giustizia- D.A.P., Rv. 280532)”.
In merito poi al profilo concernente il divieto di acquisto di cibi di lusso, che è finalizzato a evitare il pericolo che il detenuto, sottoposto a regime differenziato, possa dimostrare o imporre il suo carisma, o spessore criminale, al resto della popolazione carceraria, la Corte afferma che: “Le regole carcerarie ordinarie prevedano, ex art. 14, d.P.R. n. 230 del 2000, precisi limiti alla ricezione, all’acquisto e al possesso di oggetti e generi alimentari da parte di tutti i detenuti; e come il regime differenziato di cui all’art. 41-bis Ord. pen. non consenta il possesso, da parte del detenuto, di generi alimentari pregiati, che risultano motivo di discriminazione fra detenuti, tali da distinguere la sua posizione pur all’interno del limitato “gruppo di socialità” di appartenenza, essendo questa la ratio della previsione, da parte dell’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. c), Ord. pen., della ulteriore limitazione alla possibilità, per il detenuto, di ricevere dall’esterno somme, beni e altri oggetti”.
Viene demandato al giudice accertare se la particolare disciplina in tema di acquisto dei generi alimentari, prevista per i detenuti sottoposti al regime speciale ex art. 41-bis O.P., risponda alle finalità e ai canoni di proporzionalità e ragionevolezza sopra indicati; nel caso de quo il Tribunale di sorveglianza ha motivato in modo adeguato e corretto in punto di diritto, quanto al rigetto del reclamo proposto dall’Amministrazione. In merito alla limitazione dei generi alimentari acquistabili al sopravvitto e all’esclusione di una serie di prodotti, analiticamente esaminati e indicati ha difatti evidenziato, con una motivazione adeguata, che nessuno di questi può essere considerato bene pregiato e tale da giustificare l’esclusione in questione.
In definitiva la previsione di un regime differenziato in relazione ai beni alimentari acquistabili si rivela del tutto sganciata da qualunque possibilità di utilizzo strumentale degli stessi, finendo per diventare ingiustificata e per risolversi in una irragionevole condizione di afflittività.
La Corte di cassazione ha quindi annullato l’ordinanza impugnata limitatamente alle fasce orarie per la cottura dei cibi e rinviato per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di sorveglianza.
La sentenza è qui disponibile Cass. Pen., Sez. I, 08.08.2022, n. 30786