28 Marzo 2025
28 Marzo 2025

Capire la Riforma Orlando: le impugnazioni

Nota di redazione: questo è il quinto di una serie di articoli dedicati alla “riforma della Giustizia Orlando”, dal nome del Ministro proponente. Obiettivo è far chiarezza sulla portata di suddetta legge e sulle novità da essa introdotte.

All’intervento riformatore del legislatore non si è sottratto il sistema delle impugnazioni, essendo la sua semplificazione uno degli obbiettivi più importanti della Riforma.

In primis, il legislatore delegante ha ritenuto necessario modificare alcune disposizioni generali in tema di impugnazioni. È introdotta una clausola di salvezza nell’art. 571 c.p.p., rubricato «Impugnazione dell’imputato», correlata con l’attuale formulazione dell’art. 613 co. 1 sul ricorso per Cassazione, nel quale non figura più l’inciso «Salvo che la parte non vi provveda personalmente». Così è stata eliminata, in un’ottica deflattiva e in ragione di una maggiore razionalità del sistema che vedeva affidato un atto tanto complesso come quello di ricorso in Cassazione all’imputato, la possibilità per l’imputato di presentare personalmente ricorso in Cassazione.

Il novellato art. 581 c.p.p., concernente la forma dell’impugnazione, presenta ora un’espressa sanzione di inammissibilità – già, peraltro, presente in termini generali nell’art. 591 – in caso di mancata enunciazione dei capi e punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione, delle richieste, ora «anche istruttorie», dei motivi nonché, come introdotto, delle «prove dalle quali si deduce l’inesistenza, l’omessa assunzione o l’omessa o erronea valutazione» (art. 55 della Riforma).

La modifica dell’art. 581 va necessariamente messa in relazione con l’art. 546 sui requisiti della sentenza, ponendo in capo al giudice maggiori oneri giustificativi e in capo alla parte impugnante maggiori oneri di specificazione.

Molte novità in materia di impugnazioni hanno riguardato l’appello, da sempre oggetto di accese discussioni circa il suo mantenimento o soppressione, essendo ritenuto una delle maggiori cause dei lunghi tempi processuali. La novità più importante è senz’altro la reintroduzione dell’istituto del c.d. concordato anche con rinuncia ai motivi di appello, in passato disciplinato nell’art. 599 c.p.p. e poi eliminato. La Riforma introduce difatti l’art. 599 bis c.p.p. e il co. 1-bis all’art. 602 c.p.p., i quali riproducono le formule utilizzate nei vecchi artt. 599 e 602 co. 2. La reintroduzione di tale istituto, con evidenti intenti deflattivi, nonostante le limitazioni oggettive e soggettive (per esempio è escluso il concordato per molti reati gravi come quelli di cui all’art. 51 co. 3-bis e 3-quater c.p.p.), non è avvenuta senza le perplessità di una parte della magistratura, preoccupata che un simile concordato possa avere conseguenze disastrose in termini di effettività della pena. È previsto poi che «fermo restando quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 53, il procuratore generale presso la corte di appello, sentiti i magistrati dell’ufficio e i procuratori della Repubblica del distretto, indica i criteri idonei a orientare la valutazione dei magistrati del pubblico ministero nell’udienza, tenuto conto della tipologia dei reati e della complessità dei procedimenti». Come in passato, anche ora è previsto il monitoraggio dell’andamento dei giudizi di appello così definiti da parte dei presidenti delle Corti d’appello, i quali dovranno anche fornire indicazioni sulla durata dei giudizi d’appello nei confronti delle sentenze di condanna.

L’art. 58 della Riforma ha previsto l’introduzione del co. 3-bis all’art. 603, secondo il quale «nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale».

Neppure il ricorso in Cassazione si è sottratto all’intervento modificatore della Riforma. Invero, introducendo il co. 1-bis all’art. 608 c.p.p. rubricato «Ricorso del pubblico ministero», viene limitata la possibilità di provocare il giudizio di legittimità in caso di doppia conforme assolutoria.

Col fine di snellire il procedimento in Cassazione, è introdotto il co. 5-bis nell’art. 610 c.p.p. in base al quale il Supremo Collegio può dichiarare l’inammissibilità del ricorso senza formalità di procedura nei casi previsti dall’art. 591 co. 1 lett. a), limitatamente al difetto di legittimazione, b), c), esclusa l’inosservanza delle disposizioni dell’art. 581, e d). Contro tale provvedimento è ammesso il ricorso straordinario a norma dell’art. 625-bis. Inoltre, a rafforzamento del contraddittorio cartolare dinanzi alla Settima Sezione Penale (la c.d. Sezione Filtro), l’avviso di cui all’art. 610 co. 1. c.p.p. non si deve limitare ad enunciare la causa di inammissibilità rilevata, ma deve specificare le ragioni di inammissibilità con riferimento al contenuto dei motivi di ricorso.

Della modifica dell’art. 613 co. 1 c.p.p. già se ne è parlato: è ora esclusa la possibilità per l’imputato di proporre personalmente ricorso per Cassazione.

La finalità deflattiva è perseguita anche attraverso la modifica della disciplina relativa alla sanzione pecuniaria in caso di rigetto o inammissibilità del ricorso, essendo introdotta la possibilità di aumentare fino al triplo la somma da versare a favore della cassa delle ammende, nonché l’adeguamento biennale della somma dovuta alle variazioni Istat dei prezzi al consumo.

Novità importanti sono quelle introdotte in un’ottica di rafforzamento della funzione nomofilattica della Cassazione. All’art. 618 c.p.p., infatti, è stato aggiunto un co. 1-bis che, sulla falsariga dell’art. 374 co.  3 c.p.p., prevede che se la sezione semplice ritiene di non condividere un principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite, deve rimettere ad esse la decisione del ricorso. Il novello co. 1-ter, poi, ammette che le SS.UU. possano pronunciarsi sulla questione di diritto loro sottoposta anche in caso di inammissibilità del ricorso per causa sopravvenuta, analogamente a quando disposto dall’art. 363 co. 3 c.p.c.

Ancora una volta ad un’esigenza deflattiva risponde anche la modifica dell’art. 620 c.p.p. con la lett. l) così sostituita: «se la corte ritiene di poter decidere, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, o di rideterminare la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito o di adottare i provvedimenti necessari, e in ogni altro caso in cui ritiene superfluo il rinvio».

Anche l’art. 625-bis c.p.p., concernente il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto, ha subito delle modifiche importanti. In primis, è stato snellito il procedimento prevedendosi che l’errore materiale possa essere rilevato «senza formalità» d’ufficio in ogni momento. Inoltre «l’errore di fatto può essere rilevato dalla corte di Cassazione, d’ufficio, entro novanta giorni dalla deliberazione».

L’art. 625-ter c.p.p. è abrogato e la rescissione del giudicato è ora di competenza della corte d’appello.

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