19 Marzo 2025
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Art. 238 bis c.p.p. e mezzi di prova


L’art. 238 bis c.p.p. prevede che “fermo restando quanto previsto dall’art. 236, le sentenze divenute irrevocabili possono essere acquisite ai fini della prova di fatto in esse accertato e sono valutate a norma degli articoli 187 e 192 comma 3”.

Con il richiamo agli artt. 187 e 192 comma 3 la norma attribuisce una generale valenza probatoria alle sentenze irrevocabili e prevede che possano essere acquisite in qualsiasi procedimento; ha ad oggetto sentenze penali o civili dei giudici italiani, di merito o di rito, di condanna o di assoluzione, comprese le decisioni pronunciate all’esito dei procedimenti speciali. E’ necessario precisare che, in virtù della controversa natura della sentenza di patteggiamento, parte della giurisprudenza nega alla sentenza ex art. 444 c.p.p. valore di prova.

Tale disposizione si pone in apparente contrasto con il principio del contraddittorio perché il convincimento del giudice non si fonda su una prova dinnanzi a lui formata bensì sulla valutazione che altri ha dato di quella prova, in realtà la Suprema Corte con sentenza n. 4704 del 2014 ha stabilito che “le risultanze di un precedente giudicato penale acquisite ai sensi dell’art. 238 bis cod. proc. pen. devono essere valutate alla stregua della regola probatoria di cui all’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen., ovvero come elemento di prova la cui valenza, per legge non autosufficiente, deve essere corroborata da altri elementi di prova che lo confermino” questi ultimi, ovviamente, formatisi in contradditorio tra le parti.

In sostanza la sentenza emessa in altro procedimento non ha valore decisivo tale da determinare l’indubbia sussistenza del fatto da provare ma deve trovare conferma nel complesso degli elementi acquisiti nel processo costituiti da “riscontri esterni individualizzanti” (Cass. Pen. 25-05-1995, n. 727); tali riscontri “possono essere individuati anche in elementi già utilizzati nell’altro giudizio, sempre che gli stessi non vengano recepiti acriticamente, ma siano sottoposti a nuova ed autonoma valutazione da parte del giudice” (Cass. Pen 19/04/2011, n. 23478).

La ratio della norma è stata esplicata da una recentissima sentenza della Corte di Cassazione che ha così previsto “La ratio della norma è quella di non disperdere elementi conoscitivi acquisiti in provvedimenti che hanno acquistato autorità di cosa giudicata, fermo restando il principio del libero convincimento del giudice, nel senso che l’utilizzazione ai fini del decidere di risultanze di fatto emergenti anche dalla motivazione, e non dal solo dispositivo, delle sentenze divenute irrevocabili acquisite ex art. 238 bis, per il richiamo all’art. 187 c.p.pe art. 192 c.p.p , comma 3, implica innanzi tutto l’accertamento della rilevanza di dette risultanze in relazione all’oggetto della prova e poi una verifica in ordine alla sussistenza o meno degli indispensabili elementi esterni di riscontro individualizzanti, di qualsiasi natura, da acquisire nel contraddittorio delle parti, che ne confermino la valenza di elemento di prova, per legge non autosufficiente. In definitiva, l’acquisizione agli atti del procedimento, giusto quanto previsto dall’art. 238 bis c.p.p., di sentenze divenute irrevocabili non comporta, per il giudice di detto procedimento, alcun automatismo nel recepimento e nell’utilizzazione a fini decisori dei fatti nè, tanto meno, dei giudizi di fatto contenuti nei passaggi argomentativi della motivazione delle suddette sentenze, dovendosi al contrario ritenere che quel giudice conservi integra l’autonomia e la libertà delle operazioni logiche di accertamento e formulazione di giudizio a lui istituzionalmente riservate” (Cass. Pen. 16-03-2016, n. 11140).

Dalla sentenza in questione, che peraltro trova conferma in ulteriori precedenti giurisprudenziali (Cass. Pen. 17-06-1997 n. 5894, Cass. Pen. 14-04-2000 n. 5618), si evince chiaramente che l’oggetto della prova – in mancanza di un esplicito riferimento normativo – si identifica non solo con il “fatto” direttamente riferibile alla statuizione fissata nel dispositivo, ma con ogni acquisizione fattuale evidenziata nel corpo della motivazione.

Per un’analisi più generale del diritto alla prova si rimanda al seguente link.

 

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